Sambuca di Sicilia eletta Borgo dei Borghi 2016

sambucaUn siciliano deciso a spulciare le statistiche su ricchezza e vivibilità delle città, magari quelle stilate a cura di Unioncamere o del Sole 24 Ore, non può non provare una gran rabbia; un abitante della provincia di Agrigento, poi, facilmente ne guadagnerebbe un’ulcera. L’antica Akragas, fondata nel VI secolo a.C. da coloni gelesi, la città venerata nei componimenti del poeta Pindaro e magnificata dallo spirito entusiasta di Goethe nel proprio Viaggio in Italia, giace oggi in fondo alle graduatorie assieme all’intera provincia che rappresenta; un peccato infinito per un territorio tanto ricco di potenziali risorse quanto zeppo di colpevoli complicità, quelli che la frana di Agrigento del 1966 e il devastante terremoto del 1968 misero a nudo nella maniera più atroce.

Terra di contrasti per eccellenza, l’agrigentino, dove il giallo delle campagne arse fa da contraltare al ricco verde dei vigneti che punteggiano la provincia nei mesi estivi, quest’anno può vantare una piccola, grande soddisfazione: l’elezione a Borgo dei Borghi 2016 di Sambuca di Sicilia da parte della trasmissione Rai Alle falde del Kilimangiaro. 

Fortino_di_MazzallakkarPiccolo comune di seimila abitanti, Sambuca di Sicilia si colloca alle estreme propaggini occidentali della provincia, a soli 350 metri sul livello del mare; a pochi chilometri dalle rosse spiagge di Menfi e dall’antica Selinunte, difesa a nord – est da boschi e colline e lambita a sud – ovest dal bacino artificiale del lago Arancio, dalle cui acque emerge pigro, sei mesi l’anno, l’occhietto di pietra del fortino saraceno di Mazzallakkar.

Non greca, ma araba sembra essere infatti la sua nascita: fu l’emiro Al-Zabut a incapricciarsi del monte Genuardo, tirandovi su una fortezza a guardia del luogo e un centro abitato a contornarla. Cresce dunque tra vicoli stretti e cortili umbratili, tra orti urbani e cave sotterranee (le purrere) Sambuca, e tale rimase oltre la conquista normanna, fino al 1200. Sopravvisse, invece, la fortezza, fino al primo trentennio del 1800: prima degradata a carcere e poi fatta a pezzi, brano a brano, durante la violenta epidemia del 1837. Anche il nome è destinato a mutare, sotto i colpi della furiosa propaganda fascista: da Sambuca Zabut a Sambuca di Sicilia, nel 1923.

Sopravvive, seppur malfermo, il nucleo arabo della città, oggi noto come li setti vaneddi, e con esso il profumo antico di una terra di confine, sospesa tra antichi rituali e chiese cattoliche, tra gli anticonformismi delle tele del Gianbecchina e le ortodossie dei gaginiani della Madonna dell’Udienza, tra le ecumeniche sculture vegetali di Sylvie Clavel e le archeologie del museo di Palazzo Panitteri.

panorama dal belvedereTerra di storia, di mare e di arte dunque, Sambuca, ma anche di vino. Qui in contrada Ulmo, tra altre realtà, sorge la più scenografica delle cantine dell’azienda Planeta. Non è difficile capire perché questa tenuta, nata nel 1995, contribuisca ogni anno ad attirare centinaia di visitatori: celata dalle mura di un antico baglio cinquecentesco e circondata da 93 ettari di vigneto, sorge discreta, senza spocchia né immodestia, quasi sulle rive del lago, riempiendo gli occhi di commoventi contrasti tra il blu delle acque, il verde delle vigne e i barbagli delle pareti color ocra.

Le tracce del secolare scontro di culture, il costante impegno della pubblica amministrazione, delle aziende e dei cittadini, la bontà di Madre Natura: tutto sembra avere contribuito alla premiazione della colorata Sambuca. Una terra cresciuta su secolari conquiste, come spesso accade, non può fare a meno di conquistare a sua volta. La soluzione dei problemi di questa regione sta forse nel piccolo; varrebbe la pena rifletterci.

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Gherardo Fabretti

Appassionato di leggi e latinorum, in principio fu Giurisprudenza. Laureato, invece, in Lettere moderne, diventa presto redattore per riviste di letteratura e fumetti. Alcolismo vuole che il vino inizi a interessarsi a lui, fino al diploma AIS di sommelier e al master in Gestione e Comunicazione del Vino organizzato da ALMA. Vive a Milano, ma quando può fugge, perdendosi volentieri in varie parti del mondo, perché il viaggio, come diceva Costantinos Kavafis, è “fertile in avventure e in esperienze”. Crede che Venezia sia la porta della felicità e Parigi il rifugio degli ultimi romantici. Non ha problemi con gli aerei ma a New York preferirebbe arrivarci in nave. Mentre organizza una breve gita in Mongolia, cerca compagni per il viaggio.

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