No alla svendita dei diritti di impianto dei vigneti siciliani al di fuori dell’Isola

“No alla svendita dei diritti di impianto dei vigneti siciliani al di fuori dell’isola. Il governo nazionale sta tentando un nuovo colpo di mano a danno della Sicilia, permettendo alle grandi aziende oltre lo Stretto di acquisire con due soldi i nostri titoli per trasferirli nei loro territori e ampliare così le loro superfici vitate. Un modo per impoverire noi e arricchire loro, che dobbiamo fermare”. Questo il grido di allarme di tecnici ed operatori di settore. L’attuale norma, infatti, permette a un’azienda con sede al di fuori della Sicilia di affittare nell’isola un terreno adibito a vigna, acquisirne in questo modo titoli e autorizzazioni, estirpare in loco e reimpiantare nella propria regione il vitigno che vuole. Esempio: un’azienda di un’altra regione che non sia la Sicilia può affittare a un basso prezzo cinque ettari di Grillo o altra varietà, successivamente estirpa, chiude il contratto di affitto e trasferisce l’autorizzazione a coltivare a vigna gli stessi cinque ettari nel suo territorio, impiantando magari un prezioso vitigno.
Di recente un apposito decreto del Ministero delle Politiche agricole ha stralciato – in materia di autorizzazione per gli impianti viticoli – il comma che sancisce la “non trasferibilità” per l’impianto dei vigneti fuori regione. Decisione che è stata comunicata alla Conferenza delle Regioni, tenutasi qualche settimana fa a Roma e che ha visto l’opposizione della Sicilia, con l’assessore regionale Bandiera, e di altre regioni (Campania, Toscana, Umbria ed Emilia Romagna). La Commissione Politiche agricole tornerà a riunirsi nei primi giorni di febbraio con la proposizione di un nuovo decreto che terrà conto delle osservazioni sollevate nel corso della conferenza, sperando che il mondo vitivinicolo siciliano si schieri compatto contro questo provvedimento.
Intanto, di fatto, si sta registrando la diminuzione della superficie vitata della regione Sicilia , che si attesta intorno ai 106.564 (Dati Istat 2017) con una produzione di 6.651.585 quintali di uve raccolte e con una produzione complessiva di Hl. 4.754.777 di vini bianchi –rossi e mosti. Solo nel 2000 la superficie vitata siciliana era di 136 mila ettari, con una produzione di 9.941.000 quintili di uve, pari a hl. 7.106.000 di vini bianchi –rossi e mosti.
Fatti due conti, abbiamo il seguente dato: meno 36 mila ettari, pari al 36% circa e con un meno di del 34% di uve e vini. Dati allarmanti per una regione che sino a qualche anno fa era in vetta alla classifica per superfici vitate e produzioni enoiche. Un fatto gravissimo per la nostra economia e il nostro export, che si fondano per buona parte sulla produzione vitivinicola. Bisogna correre ai ripari con una politica di rilancio e di produzione per l’intero sistema vitivinicolo regionale. Il vigneto Sicilia, come nel resto d’Italia, “non si rinnova, non solo c’è un progressivo invecchiamento dei vigneti, ma anche dei proprietari, che magari vanno in pensione ed abbandonano tutto, e i giovani non vogliono continuare l’attività vitivinicola, dove un’eccesiva burocrazia li scoraggia nell’intraprendere l’attività viticola ed agricola”.
I fondi? Quelli ci sono, basterebbe solo distribuirli meglio e bene e velocemente. Tra le cause del tracollo del modello agricolo e viticolo siciliano, dicevamo, c’è anche e soprattutto l’eccessiva burocrazia. Basti pensare che, negli ultimi 20 anni (dati del 2015), le aziende agricole siciliane, molte viticole, sono passate da 393.000 a 220.000 e da 153.000 a 104.000 lavoratori.
Possibili soluzioni, a nostro avviso:
1. rivedere il credito agevolato che favorisca il settore;
2. favorire l’insediamento dei giovani;
3. burocrazia più snella;
4. premiare la salvaguardia degli ambienti collinari;
5. istituire un portafoglio dei diritti al reimpianto e affidarli, tramite bando, a coloro che intendono intraprendere l’attività vitivinicola, solo all’interno della nostra regione, per non disperdere il patrimonio regionale;
6. no ai contratti fittizi,
7. puntare anche sulle nuove fonti di energia sostenibile come il bioetanolo;
8. istituire protocolli di acquisto e vendita delle uve e del vino.

Enologo Giacomo Alberto Manzo
Resp. Reg. Dip. “Viticoltura ed Enologia” Fare AMBIENTE Sicilia

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4 risposte

  1. Vito ha detto:

    Quindi mi pare di capire che le alternative saranno:
    1. COLTIVARE il vigneto ottenendo,
    “35€ x 80q.li= 2.800€ Lordi ogni ettaro, meno
    -raccolta (500€)
    -potatura(500€)
    -Legatura(500/700€)
    -3 trattamenti (700/1000€)
    =00000
    oppure
    2. FARLO COLTIVARE, come sempre in comodato d’uso gratuito, a patto che sia gia in produzione (cioe dopo4anni).. e che nn sia troppo vecchio (dopo i 20anni)..
    In conclusione il decreto limiterebbe l’attuale rinnovo delle colture in: oliveto, melograno, mandorle ecc.. che in questo momento é finanziato esclusivamente dai nostri connazionali a Nord, piu fortunati..( ma che in realtà ritengo siano più bravi a commercializzare, molte delle produzioni agro-alimentari), al contrario i ns contadini anche se con prodotti di altissima qualità, si sono ormai arresi ad una politica miope che nn bada al problema trattando la questione prezzo, ma in questo caso ci obbliga a mantenere la vigna costi quel che costi.. A proposito, domani quanto varrà 1 Ettaro di vigneto in Sicilia x il ns vicino di campagna?

    • giacomo alberto manzo ha detto:

      Gentile Sig. Vito,
      il suo ragionamento non fa una piega. Lo trovo giusto e sensato.
      In effetti al Nord sanno vendere meglio, che negli anni hanno saputo; valorizzare il territorio, produrre vini di qualità, aderito e sfruttato al meglio le campagne istituzionali, fare squadra o meglio dire fare sistema.
      Dai noi la stragrande maggioranza dei produttori, circa 70% conferisce in cantine e/o cooperative, che hanno intrapreso la via della qualità, ma al momento non vedono risultati importanti, salvo qualche eccezione.
      (dagli anni ‘ 70 la Sicilia enologica, sino al 2008 ha prodotto per la distillazione dei vini)
      Ritengo , a livello generale, che la strada giusta sia stata intrapresa, bisogna avere la pazienza di veder raccogliere i frutti, derivanti dalla promozione e quindi dalle produzioni di qualità.
      Ritengo, in conclusione, che questa domanda va formulata ai dirigenti della struttura alla quale lei conferisce il prodotto, che sicuramente le sapranno dare una risposta più precisa e dettagliata.
      Il vigneto Sicilia, si sta svuotando, la colpa non è mia ne sua,…….con una serie di problemi conseguenziali, come; ambientale e di tutela del paesaggio, compreso i posti di lavoro, che sempre meno saranno in agricoltura.
      Cari saluti.
      G.A. Manzo

  2. Lillo Palminteri ha detto:

    Cari Signori legiferatori e controllori…..fatta la legge si è trovato subito l’inganno. Quando pensate di arginare tale fenomeno così vergognoso degli apparenti affitti ( anche se risultano vendite a tutti gli effetti) ? Lo capite o no che continuando con questo trend nel giro di pochissimo tempo la nostra amata/flagellata/dimenticata TERRA si svuoterà dei propri vigneti che fino ad oggi hanno contribuito a dare a lavoro ( anche se con bassi redditi ) a diversa gente e nello stesso tempo hanno ridotto il rischio idrogeologico delle zone collinari ? E poi perché non iniziare a fare le giuste verifiche presso gli studi di determinati tecnici che pur di accaparrarsi qualche soldo sono alla ricerca spasmodica di vignaioli del nord interessato all’acquisto di tali diritti ? SIGNORI E’ ora di svegliarsi prima che sia tardi.

  3. domenico bilà ha detto:

    la burocrazia fa sicuramente rallentare la propensione ad iniziare una nuova impresa agricola,ma quello che fa cadere le ali ad ogni aspirante agricoltore è la bassa redditività dei nostri fondi viticoli,le istituzioni devono assumersi con impegno e responsabilità l’onere di incentivare lo sviluppo agricolo,incentivare fiscalmente le aziende, far conoscere all’estero, nei paesi extra U.E. il marchio Sicilia,facendo delle persuasive campagne pubblicitarie.
    Noi produttori siciliani credo che abbiamo maturato il passo di fare qualità e non quantità,i nostri vini,allorchè quelli autoctoni,sono di buona qualità, ma ci manca ancora l’ultimo ed importante tassello, quello di fare sistema ed affrontare insieme i nuovi mercati orientali.Ci vuole una coordinazione da parte dell’assessorato agricoltura,che possa guidare la macchina promozionale,ed reperire fondi per farlo,perchè come sappiamo,costa tanto.

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