Isole e passioni: Sicilia e Sardegna, due giganti nel Mediterraneo

Come giganti che popolano il Mediterraneo, si guardano e non possono toccarsi. Sono isole e qualcuno vuole che questo sia sinonimo di separazione e solitudine. Come se quel mare immenso in mezzo a loro fosse una barriera, un enorme cartello di stop. Uno strumento per allontanare e convincerci che questo limite è connaturale e non solo naturale, che ci rende diversi. Eppure, come vecchi amanti, si corteggiano a distanza e quel mare li culla tra le onde. Eppure all’uomo i limiti non sono mai piaciuti. Ha imparato a domare quelle onde, ha tracciato rotte e si è battuto per poter arrivare ovunque, volando tra i cieli, orbitando nello spazio, abbattendo ogni confine. Tranne quello mentale. Rivolgendo al mare lo sguardo, un tempo amico delle più epiche avventure, trova un nuovo nemico o uno stolto da corrompere. Cosa resta infine di due terre lontane, magnifiche e crudeli?
Resta la certezza di alcuni tesori, unici e sacri, in attesa di un Indiana Jones che li riporti alla luce. E ci piace pensare che l’Associazione Italiana Sommelier, con umiltà e dedizione, abbia lo scopo di scovare questi doni e di renderli a noi tutti, così come dovrebbe essere. I punti di contatto ci sono, basta solo volerli trovare.
Venerdì 23 Marzo l’AIS ha fatto da ponte tra Sicilia e Sardegna, portando sulla tavola il semplice piacere dello stare insieme. Si rinnova la stima nei confronti di Massimiliano Vasta, chef patron della Cucinoteca – Vico Astemio e quella per il più conosciuto e apprezzato tra i vini sardi, il Turriga delle cantine Argiolas, in una memorabile verticale. Camillo Privitera, presidente AIS della regione Sicilia, ci accompagna in questa traversata che tocca i millesimi 2013, 2010, 2007 e 2004 con tre piatti di eccellente fattura. La prima tappa è Serdiana, dove Antonio fonda la sua azienda nel 1938. Un punto di riferimento assoluto per tutta l’enologia sarda. Oggi sono i figli di Antonio e le nipoti che portano avanti la tradizione di famiglia, con un’azienda all’avanguardia che nelle cinque tenute tra Serdiana, Sisini, Selegas e Porto Pino, conta 230 ettari vitati. Proprio Selegas diventa un campo sperimentale con decine di vitigni alloctoni, diversi cloni e selezioni massali di vitigni tradizionali. Argiolas è anche una cantina impegnata: produce il 50% del proprio fabbisogno energetico attraverso un impianto fotovoltaico; adotta una gestione razionale dell’irrigazione con risparmio anche del 30%; ha ridotto il peso delle bottiglie per ridurre le emissioni di carbonio. E la mitica squadra di Argiolas porta in campo ben 15 giocatori, ma è del “gigante sardo” che ci siamo innamorati. Turriga nasce nel ’88 anche se aspettiamo il ’91 per la prima grande annata. Papà Giacomo Tachis, grande amico di famiglia e, ancora di più, padre della più elevata e raffinata produzione vinicola italiana lascia un grande segno del suo passaggio proprio con questo vino sardo. Al suo fianco Mariano Murru, grande uomo, come ce ne sono pochi, enologo della maison ancora oggi. Turriga, IGT Isola dei Nuraghi, porta nella sua etichetta un segno di buon auspicio: la Dea Madre di Senorbì, ritrovata tra Selegas e Senorbì, simbolo di fertilità e prosperità. Un quartetto di anime sarde ne segna il luminoso destino: Cannonau (85%), Carignano (5%), Malvasia Nera (5%), Bovale Sardo(5%). Le piante hanno circa 40 anni, le uve vengono selezionate manualmente durante la raccolta e dopo la pigiatura, fermentano a temperature controllate tra 28° e 32° C con macerazioni di oltre due settimane. Segue un affinamento in barriques di rovere francese per 18 – 24 mesi e un invecchiamento in bottiglia per altri 12 – 14 mesi. Un vero mito in bottiglia!
2013: definita annata stellare del vino italiano, vendemmie posticipare di due settimane, estate meno calda e clima altalenante. La guida Vitae lo premia con quattro viti. Il naso è estremamente accattivante, mirto e ginepro, prugna e lampone, pepe e un accenno balsamico. Impatto di grande vigore al palato, è un vino che va corteggiato e che ha ancora tanto da dire, aspetteremo come pazienti innamorati.
Entra il primo piatto dello chef: tartara di manzo al timo e pepe, condita con olio EVO, gelatina di cipolla rossa e gocce di senape. In religioso silenzio ci si immerge completamente nel piatto, per poterne catturare ogni sfumatura di odori e sapori. Delicato il gusto, perfetto l’equilibrio tra gli ingredienti.
2010: una primavera di abbondanti piogge, estate non troppo calda e ventilata. Origano e pepe bianco, cassis e cuoio, un piccolo capolavoro anche al palato.
Seconda uscita: spaghetti mancini al ragù bianco di cinghiale su crema di piselli freschi. Il cinghiale lavorato con un lungo riposo nel latte per toglierne il gusto sauvage, risulta saporito e raffinato e la crema di piselli squisitamente delicata.
2007: annata calda, ricorda la ’90. A detta di Murru il Turriga anni 2000 per cui si prevede il futuro più radioso, perfetto in ogni parte, un colpo di fulmine per tutti, rapisce il colore vibrante e le nuances granate, il naso è complesso e di una finezza commovente, confetture e tabacco, noce moscata e chiodi di garofano, vaniglia, pepe, elicriso. Dopo anni di muscolarità una versione più femminile forse ma di grande impatto.
2004: austerità è la parola d’ordine, un concept completamente diverso dai precedenti e vicino a una filosofia produttiva tipica di quegli anni, la barrique molto presente, ma anche cioccolato e caffè, pavimentazione tannica di grande pregio. Lunghissimo.
Entra allora un millefoglie di manzo con brie su nido di verdura di campagna croccante.
Ci viziamo ulteriormente con un dolce a sorpresa dello chef, cuore caldo al cioccolato e pistacchio, con mandorle e noci tostate.
Emerge una grande ricerca di Massimiliano nella scelta delle materie prime, sempre di altissima qualità, sintomo di curiosità e sperimentazione, con gusti equilibrati e decisamente raffinati. La sua cucina è un viaggio tra le eccellenze, portate fino a noi, in questo adorabile locale a pochi passi dal mare di Riposto.
Il ponte, almeno quello spiritale, c’è ed è solido. Speriamo di costruirne altri a breve.

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Federica Milazzo

Nata e cresciuta nella bella Piazza Armerina (Enna), vive oggi a Giarre, nel Catanese. Maturità classica, iscritta in Economia, Sommelier AIS dal 2017, si definisce un’anima in evoluzione, poliedrica. Determinata e curiosa, forse nevrotica, a tratti romantica. Definita da amici, e non, una piccola furia con la risposta sempre pronta. Ogni esperienza l’ha segnata, modellata e formata. Così dall’amore per le arti passa a quello per i numeri, la gestione e l’organizzazione. E dalla passione per le serie tv a quella per il vino. Quest’ultimo la rapisce, raccontandole le più affascinanti storie della terra, a cui inesorabilmente appartiene, e gliene acuisce i sensi, che non possono più rinunciare alla ricerca dei profumi e dei sapori più veri. Il viaggio, in tutte le sue forme, è il fine ultimo a cui tutto è vocato. Alla ricerca del suo posto nel mondo, continua il suo percorso formativo in attesa della prossima sfida.

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