Franchetti. Un uomo, un’idea, uno stile. Simbolo dei vini dell’Etna e… non solo

Carismatico e visionario, burbero e immodesto, figura talentuosa e iconoclasta, tra le più affascinanti del mondo del vino. Andrea Franchetti conquista a ogni sorso e compie il suo ineluttabile destino in poco meno di un trentennio.

Una vita da bohemien, passata attraverso avventure artistiche e più propriamente imprenditoriali, che sfociano, negli anni Novanta, in una passione tutta nuova che le racchiude tutte. Il filo rosso? L’istinto, sfrontato, superbo, impudente. Il barone passa alcuni anni a New York (dove nacque, come la madre), a vendere vini italiani, piemontesi e friulani in particolare, e quell’esperienza gli lascia quella curiosità che solo un grande uomo come lui sa poi trasformare in una delle storie di vino più prepotenti e moderne che abbiamo in Italia.
La sua comincia in Val d’Orcia, a Sarteano, con un isolamento volontario durato venticinque anni, durante il quale si ferma a riflettere sulla direzione da intraprendere. Decide di fare il vino più buono del mondo e per questo vola a Bordeaux, nello specifico l’amata Rive Droite di St. Emilion e Pomerol, dove impara la tecnica, in vigna e in cantina, e una volta fatta propria riesce a piegarla secondo le sue esigenze. Il vino per lui è una composizione artistica che va interpretata di stagione in stagione e le etichette realizzate per lui dall’artista siciliano Salvatore Mangione, meglio conosciuto come Salvo, sono l’immagine perfetta di vivace opulenza che Franchetti ha del proprio vino.
Dalle verdeggianti colline toscane alle innevate cime dell’Etna. Siamo negli anni Duemila, Franchetti arriva qui per caso, vittima consapevole di un fato che accade. Viene condotto da un contadino in un piccolo vigneto, sul versante nord del vulcano, nel piccolo borgo di Passopisciaro, Castiglione di Sicilia (CT). Qui parlare di un comune, di un villaggio, non basta. L’uomo che lo accompagna lo porta in Contrada Guardiola, di cui lo stesso Franchetti dice “lì produco il mio vino G, è la mia contrada del cuore”. Un vecchio rudere da ristrutturare, alla sua maniera però, con interventi minimalisti e conservativi. Di questo luogo afferma: “E’ un vantaggio fare vino in questo posto che vive racchiuso nella stranezza climatica; è un posto vergine e deserto dove regnano immagini potenti, che si fanno corteggiare per anni senza lasciarsi capire del tutto”. Oggi si sono aggiunti altri ettari in diverse Contrade: Chiappemacine, Porcaria, Sciaranuova e Rampante.
A Guardiola ci troviamo ad una altitudine di circa 800 – 1000 mt s.l.m. Qui le viti hanno più o meno ottant’anni e crescono su un terreno lavico (l’ultima colata nel 1947) ai confini con la Contrada Santo Spirito, poco più in basso, al di là della strada.
Inizialmente l’uva tipica della zona, il Nerello Mascalese, si prestava poco alle inclinazioni del produttore che pensava a realizzare vini più densi e concentrati. Anche se più tardi dello stesso vitigno dirà: “è così chiaro, grasso, complesso, cosmico.” Ecco perché a Guardiola troviamo Petit Verdot, varietà tardiva di Bordeaux, e Cesanese d’Affile, varietà aromatica del Lazio che ha contribuito a salvare dall’estinzione.
Il Franchetti, che celebriamo per aver ottenuto il riconoscimento delle 4 viti nella guida AIS Vitae, è il frutto della visione personale di un uomo e naturalmente rappresenta meno il territorio, pur mantenendo, come dimostrato dal risultato raggiunto in guida, un altissimo profilo qualitativo. In realtà ne diviene il vessillo, spregiudicato, folle e delizioso. Tra i migliori vini dell’Etna pur non essendo un Etna, DOC se non altro!
Il Franchetti è un’assemblage di 70% petit verdot, che il terreno vulcanico rende pepato, fine e ricco di corpo; 30% cesanese d’Affile, più delicato e aromatico. La prima annata prodotta risale al 2005. Ad essere premiata quest’anno è invece la 2015. Annata caratterizzata da un freddo e piovoso inverno poi seguito da una calda estate, le lunghe piogge di ottobre hanno indebolito le bucce e portato muffe che hanno richiesto un lungo periodo di cura, grappolo per grappolo. Le piante hanno circa 14 anni e la densità di impianto è di 12300 viti per ettaro con una resa di 17 ql/ha. La vendemmia si è svolta dal 10 al 19 ottobre. La fermentazione alcolica si svolge in acciaio per circa 14 giorni, l’invecchiamento si effettua, invece, in barriques nuove di rovere francese per circa 6 mesi e altri 14 in vasche di cemento. L’imbottigliamento avviene durante la luna calante di Aprile 2017. Ne esistono soltanto 3000 bottiglie. Il risultato finale è un vino non molto concentrato, ma sicuramente di grande longevità.
Critiche a parte Franchetti ha dalla sua l’indiscutibile pregio di aver portato all’attenzione del mondo intero quello che è stato definito il “miracolo etneo”. Una crescita veloce, incalzante, che fuoriesce da ogni logica. Un percorso fulmineo e preciso che contribuisce a scolpire. A lui, notoriamente, dobbiamo “Contrade dell’Etna”. Visionario e brillante, lo stile Franchetti è conosciuto e amato da R. Parker, M. Larner, J. Robinson (motivo per la quale nacque Contrade) e riviste del calibro di Wine Spectator e Financial Times ecc. oggi parlano di Etna e del variopinto mosaico di esimi produttori.
I vini che produce sono manifesto, chiaro e lucido, di una potentissima idea. Una deduzione geniale e irriverente, che celebra talvolta la natura talvolta l’uomo, con uno stile unico.


Passopisciaro

Contrada Guardiola
95012 Castiglione di Sicilia (CT)
+39 0942395449
www.vinifranchetti.com
passopisciaro@vinifranchetti.com

 

 

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Federica Milazzo

Nata e cresciuta nella bella Piazza Armerina (Enna), vive oggi a Giarre, nel Catanese. Maturità classica, iscritta in Economia, Sommelier AIS dal 2017, si definisce un’anima in evoluzione, poliedrica. Determinata e curiosa, forse nevrotica, a tratti romantica. Definita da amici, e non, una piccola furia con la risposta sempre pronta. Ogni esperienza l’ha segnata, modellata e formata. Così dall’amore per le arti passa a quello per i numeri, la gestione e l’organizzazione. E dalla passione per le serie tv a quella per il vino. Quest’ultimo la rapisce, raccontandole le più affascinanti storie della terra, a cui inesorabilmente appartiene, e gliene acuisce i sensi, che non possono più rinunciare alla ricerca dei profumi e dei sapori più veri. Il viaggio, in tutte le sue forme, è il fine ultimo a cui tutto è vocato. Alla ricerca del suo posto nel mondo, continua il suo percorso formativo in attesa della prossima sfida.

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