DA SIMBOLO DI LIBERTÁ A VITTIMA DELL’ARROGANZA UMANA
Premessa indispensabile per contenere la rabbia: con lunghe respirazioni e buona meditazione, ci eravamo impegnati davvero tanto a non aprire questi editoriali del 2016 con tanta, tanta indignazione! Avremmo voluto scrivere un tranquillo articolo di statistiche: mangiati tot panettoni a Natale, presi tot chili a Capodanno, da ora all’estate tot italiani andranno in palestra con tanti buoni propositi, eccetera eccetera… Ma la notizia che abbiamo appreso ieri (4 gennaio) sul Corriere della Sera (leggi qui) non può lasciare indifferenti, almeno non coloro che ancora si considerano ospiti di questo Pianeta e cercano di tutelarlo con un comportamento educato e rispettoso, se non altro per lasciarlo pulito e vivibile ai nostri figli!
La gastronomia, il territorio, la cultura dell’ambiente… qualunque sia lo spirito del nostro quotidiano EnoNews, stiamo commentando un tristissimo e crudele episodio. Che, ahinoi!, è molto somigliante alla metafora di una umanità che di umano non sembra avere più nulla. Ci crediamo padroni di tutto e alla fine a trionfare è solo la stupidità.
Quello che dovrebbe per noi rappresentare uno dei simboli più belli della libertà, anche umana, il gabbiano, il re dei cieli sulle nostre coste e anche al largo, quando si libra in danze meravigliose inseguendo le nostre navi; quello che il poeta francese maledetto (ma civilissimo, lui sì!) Charles Baudelaire identificò come un proprio fratello, un albatro (cugino del gabbiano) maltrattato, deluso, deriso dai pescatori; quello che Samuel Taylor Coleridge rese il vero protagonista, la vera chiave del suo poema “La ballata del vecchio marinaio”; uno degli esemplari di quello stesso, nobile animale ha trovato la morte, ai giorni nostri, Anno Domini 2016, nel modo più stupido e violento nel nuorese, a Siniscola, dove due pescatori, come scrive il Corriere, sembra infastiditi perché il volatile tentava di mangiare il pesce pescato e riposto sul ponte del peschereccio, lo hanno catturato, gli hanno legato al collo un grosso petardo e poi lo hanno “liberato” in volo, facendolo a brandelli con l’esplosione. Tutto l’evento è stato poi postato su Facebook.
Se scrivessimo “animali” insulteremmo il gabbiano stesso! E invece crediamo che il gabbiano abbia bisogno del massimo rispetto in questo momento e sempre, ma anche di una voce per poter continuare, anche su altri piani non più terrestri, il proprio canto di libertà. Se scrivessimo qualunque altra parola su chi ha commesso questo crimine contro la natura (e dunque contro noi stessi!), daremmo forse risalto a chi invece merita solo di essere dimenticato.
Non siamo Charles Baudelaire. O forse, lo siamo tutti quando cerchiamo, nostro malgrado e malgrado la nostra mediocrità contemporanea, di tutelare e difendere, anche con le parole, ciò che è un regno bellissimo e che abbiamo in dono. Non siamo Samuel Taylor Coleridge, che sotto effetto di assenzio e droghe lasciava libera la sua poesia, come il gabbiano o l’albatro i suoi versi sul mondo.
Siamo solo penne elettroniche del 2016, che troppo spesso raccontano tristi episodi come quello avvenuto in un’Isola meravigliosa e con gente meravigliosa come la Sardegna e come i sardi. Adesso sarà la magistratura a dire la sua su questa poesia violata. Saranno i giudici a cercare di capire quale divertimento possa avere procurato un simile gesto, immediatamente postato su Facebook. Crudeltà moderne, ballate di stupidi marinai del terzo millennio, che tanto hanno di satanico e niente di romantico.
Ma vogliamo che le nostre ultime parole di oggi vadano a Te, nobile animale dilaniato dalla imbecillità che non definiamo umana, perché tanti esseri umani ti amano ancora, anche da lassù. Riposa libero, adesso, tra le tue nuvole più belle. E se puoi e se vuoi, ogni tanto regalaci ancora i tuoi canti misteriosi e mangia tutto il pesce che desideri. Grazie!