“Finezza, eleganza, territorialità”: un viaggio per l’Italia attraverso i calici!

Nella serata del 28 dicembre, nella sala Gal di Riposto, sulla costa jonica Catanese, si è svolta la degustazione “Finezza, eleganza, territorialità”, presentata dal presidente regionale AIS Camillo Privitera. Un racconto, il suo, che ha saputo trasportare i presenti negli incantevoli territori dei vini presentati durante la degustazione. Si parte dal Veneto, tra i comuni di Valdobbiadene e Conegliano regna incontrastata la glera; qui, con pendenze che arrivano fino al 70%, le forti escursioni termiche, suoli argillo-sabbiosi misti a calcare e basse risorse idriche, si esaltano la freschezza e la sobria eleganza del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG. In particolare la cantina Ruggeri, fondata da Giustino Bisol nel 1950 e a cui viene dedicato uno dei vini di punta della casa: il Giustino B. nella versione classica extra dry, spumante metodo Martinotti, si distingue per il fine perlage, i profumi di pera, mela e agrumi, fiori bianchi, al palato fresco e delicatamente sapido. Da uve glera in purezza, sosta sui lieviti 3 mesi. A “un’ombra” di vino (ossia bicchiere, dall’antica abitudine dei mercanti di piazzare i banchi della mescita seguendo l’ombra del campanile per mantenere il vino in fresco) possiamo accompagnare un “cicchetto veneziano”, una moderna tapa, un finger food o un sempreverde, antipasto come filetti di acciughe farciti con un impasto di olive, capperi e olio.
Scendiamo un po’ lungo la nostra Penisola per approdare nel cuore dell’Irpinia, in provincia di Avellino. Inverni rigidi e forti escursioni termiche determinano la qualità dei migliori vini bianchi irpini, tra cui fiano e greco. Il Greco di Tufo DOCG è una piccola denominazione che la famiglia Basso ha saputo valorizzare. Dal comune di Montefusco arrivano le uve con cui nasce Contrada Marotta, allevate a 650 m s.l.m. su terreni calcareo-tufacei di origine vulcanica. Al bicchiere abbiamo un 2014 vestito di un giallo dorato, dagli odori agrumati, susine e biancospino, minerale, leggermente sulfureo; il palato deciso, fresco e sapido, preservato da un affinamento in acciaio. Da provare con una zuppa di cozze e vongole o un crostino profumato con tartufo di Bagnoli.
Al centro del Salento, in provincia di Lecce, incontriamo una leggenda italiana che conta oggi tre secoli di storia. Fondata nel 1665 a Salice Salentino, primo imbottigliamento nel 1925 e primo vino rosato ad essere imbottigliato e commercializzato in Italia nel 1943, non può che trattarsi della cantina Leone De Castris. Ci troviamo in una zona pianeggiante, Tavoliere di Lecce, caratterizzata da un clima unico in cui il caldo estivo è mitigato dalle brezze marine che spirano da costa a costa e che lo rendono simile a quello collinare. Qui nasce il Five Roses, dalla contrada “Cinque rose” (nome dovuto al fatto che per intere generazioni i Leone De Castris avevano ciascuno, con incredibile costanza, cinque figli). Ottenuto da uve Negroamaro per l’80% e Malvasia Nera di Lecce per il restante, con una breve macerazione a freddo seguita da affinamento in acciaio. Vivace il rosa cerasuolo sostenuto da una successione di frutti rossi freschi, fragoline e lamponi, di rose e peonie, un gusto ricco, fresco e piacevolmente sapido. Gustato freddo a 12° C con un buon fritto di paranza o baccalà con patate e olive.
E dalla storia alle realtà nascenti, spinte solo dall’amore, su fino alla Romagna, tra le colline di Predappio, nasce nel 2010 l’azienda SaDiVino con Cristiano e Simona Orlandi. Una cantina del terzo millennio, a impatto zero grazie a pannelli fotovoltaici che forniscono l’energia necessaria; 5000 ha vitati e una produzione totale di 5000 bottiglie annue. Una piccola chicca enoica che racchiude un sogno e una promessa: crescere insieme e per il territorio. Il Sangiovese del 2013 presenta delle inebrianti note di viola e frutti di bosco, accenni di terziario, il gusto accattivante e non eccessivamente robusto. Un buon tagliere di salumi misti o un’imperdibile piatto di “minestra” (pasta) come strozzapreti al sugo.
Chiudiamo con il profondo Sud, siamo in Sicilia con il Quater Vitis di Firriato che coniuga 4 dei vitigni autoctoni siciliani per eccellenza: Nero d’Avola, Perricone, Frappato e Nerello Cappuccio. Un blend difficile da realizzare, ottenuto con vinificazioni e affinamenti in vasche e barrique separate in modo che ogni cru possa essere esaltato al meglio. Il colore è vibrante, rubino intenso, il naso è sicuramente particolare, note vegetali e fruttate, gusto vigoroso e dal finale amaricante. Da gustare con salsicce alla palermitana.
Il finale della serata prevede un brindisi con una carrellata di siciliani. Dalle cantine Florio arrivano:
– Targa Riserva 1840, Marsala Superiore Riserva semisecco 2006. Da uve grillo in purezza, sprigiona complessi odori, datteri e fichi secchi, da gustare con buccellati, biscotti farciti con fichi secchi e mandorle, nocciole e noci, cannella e miele.
– Terre Arse, Marsala Vergine 2002. Grillo 100% lasciato maturare per 8 anni in antiche botti di rovere che donano complessi toni terziari. Formaggi erborinati e foie gras.
– Passito di Pantelleria 2015, da uve Zibibbo appassite al sole da accompagnare con una cassata siciliana o cubbaita.
Duca di Salaparuta propone l’Ala (Antico Liquorvino Amarascato), imperdibile con una tavoletta di cioccolato di Modica classico o al peperoncino.
L’Anuar di Destro, ottenuto da uve Nerello Mascalese in purezza appassite e cresciute sull’Etna (versante Nord). Gusto vellutato e setoso, cioccolato, dolci alla mandorla o cassatella di Agira.

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Federica Milazzo

Nata e cresciuta nella bella Piazza Armerina (Enna), vive oggi a Giarre, nel Catanese. Maturità classica, iscritta in Economia, Sommelier AIS dal 2017, si definisce un’anima in evoluzione, poliedrica. Determinata e curiosa, forse nevrotica, a tratti romantica. Definita da amici, e non, una piccola furia con la risposta sempre pronta. Ogni esperienza l’ha segnata, modellata e formata. Così dall’amore per le arti passa a quello per i numeri, la gestione e l’organizzazione. E dalla passione per le serie tv a quella per il vino. Quest’ultimo la rapisce, raccontandole le più affascinanti storie della terra, a cui inesorabilmente appartiene, e gliene acuisce i sensi, che non possono più rinunciare alla ricerca dei profumi e dei sapori più veri. Il viaggio, in tutte le sue forme, è il fine ultimo a cui tutto è vocato. Alla ricerca del suo posto nel mondo, continua il suo percorso formativo in attesa della prossima sfida.

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