Kuaska e la birra a Taormina Gourmet: la cronaca del primo incontro.
Lorenzo “Kuaska” Dabove è nato a Milano nel 1952, ma tu a guardarlo lo piazzeresti al massimo per l’anno di elezione di Segni a Presidente della Repubblica, lo stesso – per rimanere in tema – della prima legge sulla produzione e il commercio di birra in Italia (per i più pigri: il 1962). Sarà il dna ligure della famiglia a renderlo giovane, un patrimonio genetico a cui Lorenzo si appella spesso con ironia, sbandierando a più riprese il proprio amore per il denaro, fedelmente alla religione genovese. Ci si mette poco a rendersi conto del bluff: né avido né arpagone, Kuaska, da ormai un trentennio, è il più generoso divulgatore del mondo della birra, e dei birrifici artigianali italiani, una realtà questa, paradossalmente più conosciuta (e bevuta) fuori che in patria.
The magic moment in italian craft brewing, questo il titolo del doppio incontro sul passato, presente e futuro dei birrifici italiani, organizzato per Taormina Gourmet. Un momento davvero magico per i birrai del paese, ormai piantati in tutte le regioni (Molise compreso, sottolinea scherzando). Un momento, addirittura, troppo magico, almeno a guardare il numero spropositato di birrifici dichiarati: 1.180; quattro volte in più – a ragionare per difetto – di una nazione assai più confidente con la birra: il Belgio. Non avrà avuto dunque problemi, Kuaska, a pescare in questo mare di malto dieci realtà rappresentative, otto delle quali prodotte in Italia, una a Malta (ma da mani italianissime) e una in Inghilterra.
L’unico birrificio maltese, con sede nella piccola isola di Gozo, porta un nome francese, dà alla propria birra un nome inglese e adotta uno stile tedesco. Le mani, però, sono tutte italiane, quelle di Samuele D’Imperio e Andrea Bertola. Parliamo della Flinders Rose del birrificio Lord Chambray, una birra di stile gose impreziosita da infusioni di fiori del cappero (appunto flinders rose). Acidule e speziate, ricche di sale e coriandolo, le anarchiche gose prendono il nome dalla città di Goslar, vicino Lipsia, isola eterodossa nella ortodossa Germania, da sempre incardinata alla porta del Reinheitsgebot, l’editto della purezza del 1516. Fresca come le lenzuola appena lavate (copyright by Kuaska) e dissetante, la Flinders Rose è l’etica e nobilitante alternativa per chi fino ad ora ha affidato la propria arsura estiva alla tramontabile Corona inzuppata di sale e limone.
Da Malta alle Dolomiti. Il birrificio Bionoc’ è nato nella verdissima valle trentina del Primiero, un verde a cui i due fondatori, Nicola Simion e Fabio Simoni, tengono moltissimo, tanto da avere scelto di lavorare con sole energie rinnovabili, sforzandosi di ridurre al minimo l’impatto ambientale lungo le fasi della produzione. In degustazione la profumata Staiòn, una birra in stile saison ricca al naso di miele d’acacia, banana e puzze nobili di formaggio. Stile di birra rustico, nato su iniziativa dei contadini della Vallonia e dell’Hainaut per ammortizzare l’inattività dei mesi da novembre a marzo e superare i guai di una fermentazione condotta durante la calura estiva; il discreto grado alcolico impediva loro di guastarsi nei mesi caldi, offrendo qualcosa da bere durante il duro periodo di lavoro nei campi.
Curiosità su curiosità, a Treviso Fabiano Toffoli del birrificio 32 Via dei Birrai, offre la Oppale, birra luppolata di impostazione belga ad alta fermentazione. La scelta di impiegare i luppoli di Poperinge, città santa belga del fiore più santo dei birrai, conferisce a questa deliziosa birra saporiti aromi di erba cipollina. Il numero 32, declinato in diversi colori, lampeggia su tutte le etichette del birrificio, premiate e riconosciute tra le più belle del mondo. Non un numero a caso, ma quello corrispondente alla classe di appartenenza della birra secondo la classificazione internazionale di Nizza. Un oggetto di design da bere.
Anche la remota Calabria inizia a vantare i proprio gioielli birrari, come il birrificio A Magara fondato dal trio Asunción Yanútolo Fernández, Eraldo Corti e Nicoletta Ziosi. Ispirato al dialetto calabrese, A Magara, la strega, richiama la leggenda locale su una fattucchiera di Nocera Terinese assai devota agli alcolici. Magarìa, la birra in degustazione, è una robust Porter fedele al proprio genere, zeppa com’è di ricordi di fondi di caffè e miele di castagno. Nata a Londra come birra a buon mercato dei facchini, a cui le two penny beers erano precluse, opportunamente rivista, è oggi tra gli stili più in voga.
In questo panorama di birre curiose non poteva mancare la più azzardata e strana di tutte. Nata dalla fantasia dell’estroso Teo Musso del birrificio Baladin, XYAUYÙ prende il nome dalla figlia immaginaria della propria reale figlia e rappresenta il tentativo di riprodurre aspetto e sentori di uno Sherry. Uva sultanina, salsa di soia e cacao per una birra – scherza Dabove – venduta a carati.
(Continua…)