Turriga, anima sarda: al congresso AIS cinque annate storiche in degustazione
L’etichetta ricorda il sangue e il carbone, magari la locandina di un vecchio film di Dario Argento: il volto appena in su col naso, ad accennare un passo di danza; il busto simile a un paio di ali spiegate, pronta a volare. Parliamo della Dea Madre di Senorbì, estatica ambasciatrice di Turriga, il vino più conosciuto della cantina Argiolas, in Sardegna.
Sarà il Congresso AIS 2017, il 28 ottobre, a ospitare una verticale di cinque delle sue eccellenti annate (2013, 2010, 2007, 2004, 1998), occasione preziosa per raccontare, assieme all’enologo dell’azienda, Mariano Murru, la storia di una cantina germogliata nel 1938, per mano di Antonio Argiolas, e poi fiorita a metà degli anni Ottanta.
In quegli anni, dove in Sardegna si veniva pagati per espiantare vigneti, la famiglia Argiolas pianta Cannonau, Vermentino, Malvasia Nera e altri vitigni; compra terra e lavora duro, tra fratte e piane, tra i duemila abitanti di Serdiana. Si aggiungono poi i terreni del Sulcis, dove il Nuragus e il Vermentino imbiondiscono sul mare, e quelli sui colli della Trexenta, a nord. La svolta arriva con Giacomo Tachis, il grande enologo, entusiasta di dare il proprio contributo al lavoro della famiglia.
A ottant’anni dalla nascita, Argiolas celebra il mito della propria fatica: 200 ettari, quattro fattorie, due milioni e mezzo di bottiglie all’anno e un export tutto in crescita. A festeggiarla, a Taormina, Turriga, inimitabile squadra composta da Cannonau, Carignano, Bovale e Malvasia nera, un quartetto di anime sarde maturate per due anni in barrique e affinate per più di un anno in bottiglia. Una grande occasione per vivere in prima persona il mito di un vino, l’epica di una grande famiglia italiana.