La viticoltura eroica della Valtellina in degustazione a Taormina

La viticoltura eroica della Valtellina, praticata da più di un secolo dalla storica cantina Nino Negri, è stata protagonista di una degustazione evento tenutasi lo scorso 18 Gennaio presso l’Hotel Diodoro di Taormina. A rendere possibile l’iniziativa, portando in Sicilia dei vini di un territorio tanto affascinante quanto geograficamente distante dalla nostra isola, è stata la delegazione AIS di Taormina affidata a Gioele Micali.
Assieme a lui, a condurre la degustazione, l’enologo della cantina Nino Negri, Danilo Drocco, che ha permesso ai presenti di conoscere meglio il terroir alpino e capirne sfaccettature e caratteristiche che traspaiono chiaramente anche al calice, e il delegato AIS Palermo, Luigi Salvo, che ha offerto interessanti spunti di riflessione sui vini in questione.

L’azienda nasce nel 1897 e si caratterizza per la presenza di terrazzamenti alti fino a mille metri e muretti a secco che si estendono per circa 2.500 chilometri, recentemente dichiarati anche Patrimonio immateriale dell’Unesco. In queste condizioni, la viticoltura non può che essere eroica: la vendemmia infatti, ancora oggi, avviene in maniera totalmente manuale, con i collaboratori della cantina che trasportano a spalla i “portini” – così vengono chiamate le gerle piene di grappoli d’uva – su scalette e sentieri scoscesi per almeno 20 minuti di cammino prima di giungere al punto fin dove possono arrivare i trattori; l’unico mezzo di trasporto possibile, in caso di necessità per velocizzare la fase di trasporto, è l’elicottero.

Altrettanto affascinanti e per certi versi stupefacenti sono le condizioni pedoclimatiche che insistono nell’aerale valtellinese, protetto dalle Alpi che fungono da scudo protettivo evitando la penetrazione di perturbazioni, ma consentendo invece alla breva, la brezza che proviene dal lago di Como, di apportare il suo influsso positivo e benefico sulle vigne; un microclima particolarissimo che per certi versi può essere paragonato a quello mediterraneo: basti pensare che in estate in Valtellina si registra la stessa quantità di Sole che si registra in uno dei luoghi più a Sud della Sicilia, ovvero Pantelleria, cosa che appare difficile da pensare ma che effettivamente è reale, testimoniata anche dalla presenza di alcune “pale” di fichi d’india fra i vigneti lombardi: quando si dice la bellezza e il fascino della natura, capace di regalare meraviglie.

Altro mito da sfatare è che il Nebbiolo trova la sua migliore espressione solo nelle Langhe piemontesi per produrre grandi Barolo e Barbaresco: in Valtellina, dove il Nebbiolo viene chiamato Chiavennasca – che in dialetto valtellinese significa “l’uva migliore per fare il vino” – da tempo immemore si è creato un habitat altrettanto ideale – veniva già piantato dai monaci diversi secoli fa – che permette di dare vita a vini altrettanto identitari, estremamente piacevoli e con straordinarie capacità di invecchiamento.

La degustazione segue un percorso di crescente intensità gusto olfattiva, attraverso il racconto delle diverse sottozone in cui insistono i 35 ettari di vigneti dell’azienda: Sassella, Grumello, Inferno e Valgella.

Si inizia dal Sassorosso 2017, dal vigneto nella sottozona Grumello, dove praticamente non c’è presenza di terra ma i vigneti si sviluppano nella roccia: ciò conferisce al vino una particolare eleganza visiva, sentori delicati di ciliegia, ribes e iris e una nota leggermente speziata di vaniglia; un vino piacevole, di grande finezza, che ricorda certi Pinot Noir e si beve con grande facilità.

Segue il La Tense 2016 dal vigneto nella sottozona più storica, la Sassella, che si caratterizza per un’intensità maggiore e una bella sapidità, complice anche la breva del lago che in questa zona ha un’influenza maggiore, e un microclima più caldo rispetto alla sottozona precedente; al naso una speziatura più presente con note di cannella e zenzero ma anche di cioccolato bianco, raggiunge il giusto equilibrio fra sapidità e freschezza.

Il terzo vino è il Carlo Negri 2016 dal vigneto che insiste nella sottozona Inferno, che già dal nome ci fa capire che si tratta della zona più calda – ma anche più scoscesa della Valtellina – il che trasmette al vino lo stesso calore, pur mantenendo la giusta freschezza che salvaguardia e tutela l’equilibrio; cresce anche la complessità olfattiva che abbraccia diverse descrittori – dalle viole ad una frutta più matura alle spezie di pepe nero e noce moscata – una persistenza notevole e un tannino levigato.

A seguire c’è Vigneto Fracia 2015 dal nome del vigneto della sottozona Valgella, il più storico che insiste anche nella zona più fredda, dove arriva meno l’influenza del lago e le montagne raggiungono le zone più alte; qui rose, frutti rossi maturi e liquirizia giocano in sintonia per creare un’armonica complessità, offrono ampiezza olfattiva che trova risconto anche al gusto con una struttura notevole ma non invasiva, offrendo la visione di uno stile ben delineato.

Il quinto vino in degustazione è il cavallo di battaglia dell’azienda, lo Sfursat 5 stelle, vino passito secco, il primo da uve rosse a fregiarsi della DOCG dal 2003, ottenuto dai grappoli migliori selezionati, a seconda dall’andamento climatico, dai vigneti dislocati nelle precedenti sottozone citate. Un “vino del vento” come lo definisce l‘enologo Danilo Drocco, che resta in appassimento naturale in locali asciutti, ben ventilati e con temperature che sfiorano quasi giornalmente gli zero gradi per almeno 100 giorni, per poi affinare 20 mesi in barrique di rovere francese e successivi 6 mesi in bottiglia. Tutto questo gli permette di essere un vino riconoscibile, identitario ed unico nel suo genere, un vino opulento e possente, ricco e concentrato.
In degustazione c’è l’annata 2015 che, nonostante la giovanissima età, presenta grande leggiadria in totale armonia con una componente alcolica mai invadente e una piacevole morbidezza palatale, complice anche la presenza glicerica importante. Spiccano i sentori di frutta e fiori ma non troppo maturi e non ancora stanchi, una piacevole senzazione agrumata e una speziatura delicata di caffè e tostatura.

L’ultima chicca della serata è una degustazione alla cieca che mette tutti in difficoltà sulla capacità di individuarne annata, vitigno e territorio, ma che mette tutti d’accordo sulla estrema finezza e piacevolezza alla beva: non a caso si tratta del Castel Chiuro 2009, una riserva di Valtellina superiore, vino celebrativo realizzato per i 120 anni compiuti dall’azienda; nonostante i suoi 11 anni di vita presenta ancora una grande luminosità e una grande freschezza gusto-olfattiva, rendendone ingannevole l’età biologica; sono presenti infatti sentori fruttati e floreali di amarena, ribes, viola e bacche di ginepro, ma anche note speziate e minerali che lo rendono piacevolmente complesso, la nota calorica è presente ma non prevale, il sorso è pieno ma di grande freschezza; un vino che viene realizzato solo in particolari annate che ancora una volta permette di affermare come il Nebbiolo sposi perfettamente la Valtellina, e da questo matrimonio ne vengano fuori figli preziosi, unici e speciali.

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