Le donne del vino si raccontano: Donatella Cinelli Colombini

colombiniLei è Donatella Cinelli Colombini e non ha bisogno di presentazione!
Ma, giusto per fare un breve riassunto per chi legga da neofita questa intervista, mi piace ricordare che è stata Lei che nel 1993 ha dato una svolta fondamentale al mondo enoico; le porte delle cantine italiane si sono aperte a tutti, estimatori e curiosi, creando l’evento “Cantine Aperte”, una manifestazione che ogni anno si arricchisce di un numero sempre più elevato di visitatori. Dal 2013 riveste la carica di “Presidente del Consorzio del Vino Orcia” e sempre nello stesso anno ha ricevuto l’incarico di “Vicepresidente dell’Associazione Nazionale Donne del Vino”.  Voglio anche aggiungere che dal 2011 è “Membro del Consiglio di Amministrazione del Consorzio del vino Brunello di Montalcino”, e che il 2015 è stato un anno ricco di sorprese: un libro (“La Moglie di coccio e altre novelle quasi vere”), due vini (il Brunello –IosonoDonatella- e lo spumante – Amici di Vigna-), un distillato (la grappa di Cenerentola) voluta dalla figlia Violante.
Ecco, questa è una breve presentazione di una donna straordinaria che si definisce “una Vignaiola di Montalcino”.

La Sua famiglia già dalla fine del ‘500 si interessò alla viticoltura; per Lei diventare produttrice è stata una passione, oppure seguire il percorso iniziato dai Suoi antenati?
“Francamente non lo so. Sono cresciuta in una famiglia che parlava di vino anche a tavola e ha vissuto, da protagonista, l’entusiasmante ascesa del Brunello sul palcoscenico internazionale. Sono cose che segnano la personalità di una giovane, anche se la mia prima passione è stata la storia dell’arte medioevale. Le vigne e il vino di Montalcino sono parte di me, delle cose che mi fanno battere il cuore”.
Quando ha capito che era arrivato il momento di iniziare l’attività di imprenditrice del vino?
“Più che una scelta è stata una necessità. Mia madre aveva deciso di lasciare la direzione dell’azienda di famiglia a mio fratello, ed io, che volevo comunque realizzare il sogno di produrre grandi vini, ho ricevuto delle proprietà da ristrutturare nelle quali ho creato un nuovo progetto aziendale”.
Si definisce “Una piccola vignaiola di Montalcino”, ma il suo nome è conosciuto a livello internazionale con il Brunello di Montalcino. Cosa significa per Lei produrre Brunello? colombini 3
“Pochissimi luoghi, nel mondo, riescono a produrre un vino di grande finezza con un solo vitigno. E’ possibile in Borgogna con il Pinot Noir, nella Valle del Rodano con il Syrah e a Montalcino con il Sangiovese. Sulla nostra collina, grazie a suoli che risalgono al pliocene, quindi molto antichi, e grazie a un clima asciutto e caldo che negli ultimi anni è stato ancora più favorevole, il Sangiovese è arrivato a livelli straordinari. Matura lentamente e completamente fino a dare vini che sono insieme appaganti, armonici e longevi. Avere l’opportunità di lavorare su un capolavoro della natura è come per un direttore d’orchestra suonare Beethoven con la Berliner Philharmoniker. Ovviamente per noi produttori è insieme un’opportunità e una responsabilità perché è possibile creare capolavori, e tutti noi ci proviamo. Negli ultimi anni è emerso un nuovo rispetto della natura; molti come noi coltivano le vigne in modo biologico e usano tecnologie e attrezzature di ultimissima generazione per rispettare l’uva. E’ arrivata a compimento la ricerca sui lieviti indigeni di Montalcino che, forse dal prossimo anno, saranno a disposizione di tutte le cantine. E’ una sperimentazione che, iniziata nel 2008, ha coinvolto subito la mia azienda Casato Prime Donne e che da due anni si svolge in 5 cantine”.

Perché ha scelto di circondarsi di sole donne nella sua attività?
“All’inizio è stata una sfida della serie “facciamo vedere che si può”; adesso è un elemento che ci distingue e di cui siamo fiere. E’ iniziata per caso, nel 1998, quando ho lasciato l’azienda di famiglia e, insieme alle proprietà da ristrutturare, ho ricevuto piccole quantità di Brunello, ancora in botte, del 1993,‘94, ‘95, ‘96 e ‘97. Avevo bisogno di un cantiniere che curasse questo vino per me preziosissimo, e lo chiesi alla scuola di enologia di Siena; ma ricevetti un rifiuto perché i buoni enotecnici andavano “prenotati” in anticipo. Fu solo quando chiesi una cantiniera che mi risposero “ne abbiamo tante, sono le studentesse migliori, ma le cantine non le vogliono”. Fu la scoperta di una discriminazione così antica, diffusa e “normale” da risultare invisibile. Da quell’episodio nacque l’idea di una cantina con organico di sole donne, del Brunello Prime Donne e del Premio Prime Donne”.
Cosa ha significato nel mondo del vino l’evento “Cantine Aperte”, fondato da Lei nel 1993?
“Ha trasformato l’Italia da un Paese con cantine inaccessibili  in una nazione piena di territori turistici del vino. Oggi ci sono 21.000 aziende di produzione aperte al pubblico e un giro d’affari di 3 miliardi di Euro”.
Nelle Sue bottiglie si notano sempre due simboli: lo stemma di famiglia e la colomba bianca pronta a spiccare il volo. Cosa rappresenta?
“Quella colomba sono io”.
Ritorniamo al mondo femminile; a quale simbologia è collegata l’etichetta “ Cenerentola”?
“La fiaba di Cenerentola racconta di una giovane sfortunata che ha avuto il coraggio di osare riuscendo alla fine a realizzare i suoi sogni. E’ un messaggio vero; chi non ha coraggio di provarci non ce la può fare. Per questo la figura nell’etichetta del mio vino è senza volto, perché può essere qualunque donna con un progetto e il coraggio di mettersi in gioco. Per il vino è la stessa cosa. La denominazione Orcia, in cui si trova la Fattoria del Colle che produce il vino Cenerentola, è giovane (14 febbraio 2000) e si trova in mezzo a due sorellastre: il Brunello e il Vino Nobile, con più anni, fama e ricchezza dell’Orcia. Dunque la nostra Cenerentola deve avere il coraggio di provare a emergere distinguendosi. Per questo ho recuperato l’antico vitigno senese Foglia Tonda, che, insieme al Sangiovese, forma un blend tipico e inedito di notevolissima eleganza. E’ stato duro farlo apprezzare ai giornalisti, ma alla fine il coraggio ha pagato e questo vino ha ottenuto 91/100 dalla prestigiosa rivista statunitense Wine Spectator”.
Se Donatella non producesse sia il Brunello sia il Chianti, vini conosciuti ed apprezzati in tutto il mondo, cosa Le piacerebbe produrre?
“Piuttosto dove mi piacerebbe produrre: a Malta e a Gozo, due isole a cui sono molto legata e che potrebbero produrre grandissimi rossi e passiti”.
Oltre ai suoi vini, cosa preferisce bere?colombini 4
“Bollicine soprattutto trentine: adoro il Giulio Ferrari!”
Lei è una donna di successo; ha un messaggio da dare alle future donne imprenditrici?
“Lei è molto gentile ma io sono e mi sento una vignaiola di Montalcino. Il successo, la fama sono cose diverse, fanno parte di uno star system che è lontanissimo da me. Alle giovani dico che i risultati si ottengono con le idee e il coraggio, non con le tasche piene di soldi. Per questo bisogna studiare e mettersi in gioco ogni giorno, costruendo un futuro migliore non solo per sé ma per tutti. E’ questo che rende bella la vita, anche nelle piccole cose”.

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Agata Faro

Ha seguito il richiamo della sua passione attraverso la serie di corsi per conseguire gli attestati dei vari livelli di sommelier AIS, fino al riconoscimento dell’abilitazione professionale. Iscritta dal 2012 nell’elenco generale degli esperti degustatori vini D.O., presso l’Assessorato Regionale dell’Agricoltura dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea, il suo motto è “Degustare in viaggio”. Ritiene, infatti, che il modo migliore per comprende un vino e la storia di chi lo produce è quello di vivere il territorio. Dal 2011 collabora con EnoNews raccontando di viaggi, degustazioni, e di buona cucina.

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