Di cosa parliamo quando parliamo di vino

eport__vini_per_tundo_656_ori_crop_master__0x0_512x384Comma 22 è il titolo del più noto romanzo di Joseph Heller, punto di riferimento del romanzo postmoderno. Uscito nel 1961, racconta le paradossali vicende di una squadra di disgraziati aviatori americani mobilitati in Italia durante il secondo conflitto mondiale, scandite secondo un disordine temporale al limite dell’allucinante. Il romanzo affidò la propria imperitura fama al paradosso del Comma 22, infima noterella a margine del regolamento dei piloti in missione che così recitava

«Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo»

Approfondito da psicologi del calibro di Paul Watzlawick, quel comma dichiarava una falsa possibilità di scelta all’interno di un protocollo di condotta, dove, in realtà, la scelta non poteva che essere univoca.

Qualcosa di simile è accaduto, per certi versi, all’interno della puntata di Presa Diretta andata in onda domenica sera e dedicata all’industria del vino, dove, in parecchi punti, il pubblico, più che essere messo di fronte a più voci ha finito per ascoltare un monologo a senso unico.

40 minuti da non gettare via in toto, ma distribuiti lungo un sentiero logico confuso, fatto di salti azzardati e collegamenti stiracchiati in cui è bene fare ordine.

Brunellopoli. Il servizio comincia dallo scandalo del Brunello allungato con vitigni internazionali: una bomba un po’ stagionata, ormai vecchia di sette anni, rinverdita da un fugace accenno ad un più recente secondo scandalo, avvenuto nel 2012 per mano di un noto enologo della zona del senese. In questo caso, però, in gioco c’erano un grosso quantitativo di vino scadente spacciato per eccellente, l’utilizzo fraudolento dei contrassegni di Stato e l’accesso abusivo al sistema informatico dell’Artea (l’Agenzia regionale toscana per le erogazioni in agricoltura) per taroccare i dati al fine di  giustificare le teoriche 220 mila bottiglie da vendere. Non esattamente la stessa cosa di sette anni prima.

L’etichetta non fa il monaco. Sul pericoloso filo emotivo del Montalcino tarocco il servizio si sposta sul produttore ilcinese Marino Colleoni e delle sue vicissitudini per l’ottenimento della sospirata DOCG. Una manciata di minuti dove si fa strada, nella mente dello spettatore, l’errata equivalenza tra analisi della commissione d’assaggio e qualità del prodotto analizzato, nonostante la (giusta) puntualizzazione, poco in là, di uno dei commissari. Di successivi chiarimenti su ruolo e utilità della legislazione vitivinicola nemmeno a parlarne.

Chianti amari. Una equivalenza cementata subito dopo, tra i filari del Chianti, col riferimento al lavoro green di Giovanna Tiezzi e Stefano Pacina, eccellenti produttori di vino penalizzati, al pari di Colleoni, dalla commissione giudicatrice, per questioni organolettiche e non qualitative. Sola, la voce di Franco Maria Ricci, a chiarire, almeno in parte, l’errore di fondo, coperta, subito dopo, dalla voce narrante della giornalista Raffaella Pusceddu, che entra a gamba tesa con uno scivoloso paragone tra grandi vinivini da tavola. Rapito nel turbine delle generalizzazioni, per il Chianti il colpo alla nuca arriva subito dopo, con la dichiarazione del prezzo del venduto a 2 euro la bottiglia. Nessuna mano misericordiosa, in questo caso, a tirare in ballo la variabilità delle rese per ettaro, produttori virtuosi o segmentazioni di prodotto. Chianti Classico e sottozone? Non pervenute.

Oltrepò Pavese. E se nessuno bussa al brillante Consorzio del galletto nero, i colpi al portone di quello dell’Oltrepò Pavese si sentono eccome, tra scandali, maneggiamenti truffaldini e produttori transfughi.  Nulla in contrario, anzi, ma il rischio di fare un fascio di tutta l’erba è alto: un esempio positivo a bilanciare il fosco quadro non avrebbe fatto male.

L’odore del clorpirifos al mattino. Irrorazione aerea e nebulizzazioni a cannone: non è la Corea di Harry Truman ma il Veneto del Prosecco. Forse la parte migliore del servizio, dedicata all’eccesso di impianti, alla produzione massiccia e all’utilizzo spesso eccessivo di pesticidi.

Non è mai troppo tardi. Così si intitolava il corso tenuto in Rai, negli anni Sessanta, dal maestro Alberto Manzi  per il recupero dell’adulto analfabeta. Un’idea, quella del recupero, da riprendere in grami tempi di generalizzazione e da sottoporre all’attenzione di ogni giornalista non edotto in specifiche materie ma lasciato libero di trattarle come se lo fosse. Nell’ultima parte del servizio, ancor più degli spettatori, è la stessa Pusceddu infatti a perdersi, tra lieviti, fermenti, tannini, stabilizzanti, correttori di acidità e chiarificanti, trattando il normale scaffale dell’enologo alla stregua del prontuario del sabba infernale. Un calderone terroristico di paroloni dal tono inquisitorio dove ribolle, a degna conclusione, il sempiterno riferimento ai wine kit.

Una puntata, quella di Presa Diretta, da sufficienza, utile, comunque, a tutti: sia ai produttori e ai consorzi intervistati, per riflettere sullo stato di salute della propria comunicazione, sia ai consumatori, per non fermarsi, come spesso accade, alla superficie delle cose. Perché il vino, come ogni altro tema, merita attenzione e approfondimento, cosa difficile da realizzare nello spazio di quaranta minuti.

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Gherardo Fabretti

Appassionato di leggi e latinorum, in principio fu Giurisprudenza. Laureato, invece, in Lettere moderne, diventa presto redattore per riviste di letteratura e fumetti. Alcolismo vuole che il vino inizi a interessarsi a lui, fino al diploma AIS di sommelier e al master in Gestione e Comunicazione del Vino organizzato da ALMA. Vive a Milano, ma quando può fugge, perdendosi volentieri in varie parti del mondo, perché il viaggio, come diceva Costantinos Kavafis, è “fertile in avventure e in esperienze”. Crede che Venezia sia la porta della felicità e Parigi il rifugio degli ultimi romantici. Non ha problemi con gli aerei ma a New York preferirebbe arrivarci in nave. Mentre organizza una breve gita in Mongolia, cerca compagni per il viaggio.

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