Cinq nuances de blanc: un viaggio tra i bianchi di Francia
Si è tenuta sabato scorso, al Plaza Hotel di Catania, la degustazione Cinq nuances de blanc, a cura del sommelier Michele Mastropierro. Un viaggio in cinque tappe tra i grandi bianchi di Francia, girando idealmente dal nord dello Champagne al sud – ovest di Sauternes passando per Chablis, Alsazia e valle della Loira alla ricerca delle differenti espressioni territoriali dei vitigni più rappresentativi.
Comune incluso tra i Grand Cru, è a Verzy che inizia la storia della prima cantina in degustazione, quella della famiglia Thill. I Thill si trasferirono qui agli inizi del XIX secolo emigrando dal Lussemburgo, acquistando poco dopo alcuni appezzamenti a Verzy e Verzenay. Fu Fernand Thill, sopravvissuto alla Seconda guerra mondiale, a darsi alla produzione di champagne nel 1953, lasciando recentemente la guida dell’azienda alla seconda figlia, Marie-Thérèse. In degustazione, lo Champagne Brut Tradition Gran Cru, color paglierino e sfumato di dorature, piacevole e gessoso, con sentori di mela renetta accompagnati da un citrino delicato di limone e susina gialla. Bocca di pompelmo, tostature e leggere note di brioche appena sfornata.
A Chablis si parla, invece, di Régnard, antica maison fondata nel 1860 e passata nel 1984 ai Ladoucette. Specialisti del kimmeridgiano – come li definisce Mastropierro, ponendo l’accento sul tipico sottosuolo della zona – la cantina produce tutti e sette i Grand Cru di Chablis, coltivando vigne anche in cinque appezzamenti Premier Cru, oltre alle denominazioni Chablis e Petit Chablis. Amanti della tradizione (e magari anche un po’ del marketing), i Ladoucette hanno adottato per il vino in degustazione, il Grand Régnard 2013, la bottiglia chablisienne, dalla tipica forma ovale, all’interno della quale dimorano le uve nate da tutti e sette i Grand Cru. Il vino dimostra grande intensità al naso, con un piacevole odore muschiato, misto a frutta gialla, polpa di melone bianco, fragoline, pompelmo, mughetto e una piacevole nota focaia. Bocca agrumata, citrina, accompagnata da sapidità delicata e un retrogusto di banana.
Terra di confine, l’Alsazia è degnamente pubblicizzata dal Domaine Zind-Humbrecht, rappresentato questa sera dal Riesling del vigneto Herrenweg, a Turckheim. Produttori dal 1620, da quando, cioè, presero in affitto le vigne dell’Abbazia di Marbach, la famiglia Humbrecht si lega a quella degli Zind nel 1959. Léonard, ancora oggi alla guida della cantina, cura col massimo della dedizione ogni cru, lasciando che ciascuno si esprima con positiva indipendenza. Più secchi e strutturati di quelli tedeschi- introduce Mastropierro – senza malolattica, i riesling alsaziani sono eccezionali. L’annata in degustazione, la 2012, ha sofferto in primavera una massiccia piovosità, bilanciata, in estate da una ottima insolazione. Il risultato è un color oro deciso, frutto anche della maturazione in botte. Al naso l’attacco minerale tipico del vitigno è immediato e deciso, assai duraturo, tanto da concedere, all’inizio, poco spazio agli altri sentori. Apre poi lentamente agli agrumi, che fanno però capolino in bocca già al primo assaggio, per virare poi verso note di albicocca, litchi, corbezzolo. Piano piano l’idrocarburo lascia spazio agli altri attori, lasciando emergere sontuose note di dolcezza.
Uomo di confine, invece, Nicolas Joly, sinonimo di Loira per eccellenza. E vitigno della Loira per eccellenza lo chenin blanc, versatile e multiforme interprete del territorio e protagonista del bianco in degustazione, il Les Vieux Clos 2011. Annata non facile, con una fioritura estesa dalle basse temperature e piogge martellanti, quest’anima della AOC Savennières è stata curata da Joly con fermentazioni in barrique e maturazione sulle fecce fini per 6 – 8 mesi. Colore intenso, leggermente dorato, sullo zecchino, si mostra chiuso al naso, scorbutico, con note di cavolo crudo e asparago, per aprirsi poi lentamente ad un ampio ventaglio di odori di frutta.
Sauternes chiude il viaggio tra i bianchi di Francia. Il Domaine de Carbonnieu, a Bommes, passa da padre in figlio dal lontano 1782, acquisendo mano a mano ettari di vigneto fino alla classificazione come cru giunta nel 1980. Trentennale gestore è Alain Charier, omonimo nipote dell’Alain che nel 1929 realizzò le prime vendite in bottiglia del vino. Di bellissima luce, ha un attacco dolce, carnoso, di canditi, accompagnato da una nota tropicale e di botrite. Zafferano e idrocarburo in bocca per una conclusione di serata in dolcezza.