Ultimo appuntamento di Etna samsāra. La fotografia, l’arte, la musica e il vino…
Con l’appuntamento del 18 agosto giunge al termine il ciclo di eventi culturali Etna samsāra organizzato da Vigneti Primaterra. Non si tratta di un addio, bensì di un arrivederci perché, come annunciato da Camillo Privitera, sono già molte le idee per l’edizione 2019.
La serata è stata ricchissima di contenuti, emozioni e qualità, tale da poter asserire di aver partecipato a tre eventi contemporaneamente. Si inizia con la mostra fotografica OnAir di Enzo Gabriele Leanza, interessante nella particolarità ed originalità della tecnica; un percorso lungo le vigne di Primaterra attraverso sei scatti raffiguranti dei musicisti durante le loro interpretazioni; effetti di movimento, giochi di luce, moti circolari, sfumature di colore, la continua ricerca dell’effetto metronomo (così come definito da Leanza) con una tecnica che gioca sul filo dei secondi di apertura dell’otturatore e la regolazione del diaframma per consentire al soggetto di essere catturato in movimento creando così quei particolari effetti. La sua ricerca è un continuo spostarsi da un concerto ad un altro, dallo stadio al palasport, dal teatro alla piazza, lottando con le luci, gli sfondi e talvolta anche con le distanze, racconta infatti di uno scatto eseguito con teleobiettivo a circa 300 metri di distanza. Durante questo periodo di ricerca affina la tecnica ed accresce anche il personale bagaglio culturale/musicale (durante il suo racconto ricorda alla perfezione i nomi di ogni singolo artista, band e location). Un percorso lungo e paziente che ha visto Leanza, nel corso degli anni, raccogliere in totale circa 27mila scatti dei quali, dopo un’accurata selezione, un centinaio hanno potuto trovare collocazione in un libro.
Dopo l’interessante incontro con Leanza, gli ospiti hanno potuto assistere al concerto al piano di Maria Micali. Un appuntamento che si ripete negli anni, una presenza costante ed elegante quella della giovane pianista che riesce a regalare momenti importanti, emozioni attraverso la musica e le note di grandi musicisti che hanno scritto la storia della musica da camera, sinfonica e delle grandi opere pianistiche; tra le composizioni eseguite citiamo la Sonata n. 2 di Alessandro Scarlatti, uno dei padri della sonata, che sintetizza un connubio tra la tecnica pianistica ed una grande forma espressiva, la Sonata n. 15 di Ludwig van Beethoven, detta anche sinfonia pastorale, per via della dolce melodia ricorrente nel Rondò finale, ed il Valzer op. 64 n. 1, conosciuto anche come Valzer del minuto per la brevità di esecuzione, composizione musicale per pianoforte realizzata da Fryderyk Chopin dedicata a Madame la Comtesse Delphine Potocka.
Territori del vino è stato il tema della degustazione condotta dalla Sommelier AIS Flavia Catalano; un’occasione per vivere insieme un percorso storico/culturale attraverso la scoperta dell’identità di diversi territori del patrimonio enologico nazionale. Con l’intervento di Camillo Privitera, patron di Primaterra, si inizia a parlare di terroir, un termine molto diffuso ma che trova difficile traduzione nella nostra lingua; la sua interpretazione è quella di territorio vocato, inteso come quel naturale habitat dove quel particolare vitigno trova perfetta collocazione, non ha necessità di essere “spinto” ma vive in condizione di benessere e vigore; ciò per introdurre il risultato di tale connubio che è il Primae Rosae 2017 dell’azienda Primaterra, apripista di quella che è stata una degustazione ricchissima di contenuti.
Partendo quindi da un vino dell’Etna, Flavia ci conduce in Puglia, più precisamente in Salento nell’azienda Leone De Castris; una lunga storia che ha inizio con la fondazione della cantina nel 1665; successivamente ebbe inizio la storia del primo vino rosato italiano, prodotto, imbottigliato e commercializzato in Italia grazie ad un committente americano, il generale Charles Poletti, che nel 1943 chiese alla famiglia De Castris ingenti quantità di rosato per le proprie truppe. Le uve provenivano dal feudo cinque rose, ma il generale voleva un vino dal nome americano, nacque così il Five Roses. Prodotto da uve negroamaro 80% e malvasia nera 20%, vengono degustate due annate particolari in quanto, a partire dal 50° anniversario e quindi dal 1993, l’azienda imbottiglia la versione Anniversario variando le percentuali del blend (solitamente 90% negroamaro e 10% malvasia nera); in degustazione l’annata 2013 e 2009 che, versati al calice dalle sapienti mani dei sommelier AIS, svelano sin da subito le loro diverse caratteristiche visive ed olfattive. La straordinarietà di questi vini, senza dilungarci in note organolettiche (e ce ne sarebbero tante), si può riassumere nelle tonalità di colore ancora intense, in una straordinaria limpidezza, nei bouquet olfattivi variegati e nelle sorprendenti freschezze al palato, risultato dello straordinario connubio vitigno-territorio vocato di cui accennavamo prima, che ha permesso al negroamaro di esprimersi al meglio con le sue grandi acidità.
Dalla Puglia si ritorna in Sicilia in un territorio che enologicamente ha vissuto momenti difficili ma che adesso ha ritrovato la propria identità di espressione: parliamo dell’aerale in provincia di Messina dove si coltivano nerello mascalese, cappuccio e nocera per la produzione di vini a denominazione Faro. L’Azienda in questione è la Palari dell’Architetto Geraci, si trova a Santo Stefano di Briga ed i vini in degustazione sono i Faro Palari delle annate 2013 e 2010. Fu grazie all’Azienda Palari ed agli assaggi del grande Veronelli, il quale fece superare al giovane architetto nel 1990 le iniziali perplessità di commercializzare tali vini (le prime 5 annate rimasero in cantina sino a tale momento), che la denominazione non fu eliminata per mancanza di produttori. Ad oggi esistono in totale 18 aziende che producono in tale zona e la DOC Faro gode di grande stima ed interesse con le proprie vigne collinari e terrazzate che degradano verso lo Stretto di Messina ed i vini di alta qualità prodotti. La degustazione delle due annate è la conferma della ricercata finezza legata al territorio ed ai vitigni autoctoni, vini che esprimono nuance olfattive che spaziano dal fruttato alle spezie, marcate sensazioni vegetali, le evidenti note terziarie espresse dall’annata 2010, un palato ricco ed articolato con una grande struttura ed un’elegante gestione del tannino che sottolinea un meraviglioso utilizzo del legno in affinamento.
Il viaggio si conclude in Toscana, meravigliosa regione vinicola che negli anni ha donato all’Italia grandi vini a base Sangiovese, il vitigno principe, senza dimenticare i famosi Super Tuscan che rappresentano la sfida di alcune aziende che posero il loro focus sui vitigni internazionali ottenendo risultati apprezzati a livello globale. L’azienda protagonista dell’ultima tappa di questo viaggio è Castello del Terriccio nel territorio collinare di Castellina Marittima in provincia di Pisa; il castello di origini medievali, contestualmente alla vastissima tenuta pari a circa 1700 ettari, è di proprietà di Gian Annibale Rossi di Medelana il quale, a partire dalla fine degli anni Settanta, ha incrementato la superficie vitata dai 25 agli attuali 60 ettari. Il progetto di G.A. Rossi è stato quello di puntare anch’esso su cloni di vitigni internazionali quali Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Syrah, Petit Verdot ed altri. In degustazione due grandi vini quali il Castello del Terriccio 2010 (Syrah 50% – Petit Verdot 25% – altre uve a bacca rossa 25%) ed il Lupicaia 2010 (Cabernet Sauvignon 90% – Petit Verdot 10%), entrambi affinati in barrique di Allier per 18 mesi. Anche in questo caso è superfluo soffermarsi sulle note degustative, è più opportuno porre l’accento sulla grande ricerca e l’attenzione nella creazione di uno stile ben preciso, nel riuscire a far esprimere al vitigno le proprie caratteristiche e potenzialità mostrate alla beva; grande eleganza in entrambi i vini, le aspettative trovano pieno riscontro all’analisi sensoriale con le marcate speziature del Syrah, la vellutata trama tannica del Petit Verdot e le eleganti morbidezze del Cabernet Sauvignon, il sapiente utilizzo delle essenze di Allier pone il sigillo alla straordinaria qualità dimostrata al calice.
Si conclude così l’ultimo appuntamento di Etna samsāra, dove il tempo è stato il trait d’union dell’evento alla ricerca della bellezza: il tempo di apertura del diaframma negli scatti di Enzo Leanza, il tempo che ha scandito la musica della pianista Maria Micali ed il tempo come elemento anch’esso essenziale al fine di produrre i pregiati vini degustati durante la serata ed elegantemente raccontatici da Flavia Catalano.