A Taormina la degustazione dei vini di Tenuta San Leonardo

Ci sono quei sabati in cui venendo a conoscenza della degustazione dell’azienda San Leonardo, decidi istintivamente di guidare fino a Taormina per scoprire e assaporare qualcosa che lascerà il segno.

Un sabato, quello del primo febbraio scorso, in cui hai l’opportunità di stare ad ascoltare il Marchese Anselmo Guerrieri Gonzaga che racconta l’anima dell’azienda. Racconta di quei prigionieri che, liberati nel 980 d.C, si fermano in Vallagarina e per ringraziare il santo dei carcerati, San Leonardo, costruiscono un piccolo tempietto. Racconta che, proprio quel posto, nel 1200, diventa un monastero e che sempre lo stesso posto, nel 1700 diventa di proprietà della famiglia della bisnonna De Gresti.

Ci dice di suo padre che lavora alla tenuta San Guido insieme al Marchese Incisa della Rocchetta e impara da lui. Fa propria la passione per il taglio bordolese, nel ’74 entra a far parte dell’azienda e comincia a spingere l’allevamento a Guyot. Inizia quindi l’era del Cabernet Sauvignon a spalliera e nell’82 prende vita “San Leonardo”; non so dire se merito umano o della mano di madre natura che ha procurato una vendemmia fantastica.

Produrre vini di grande identità è l’obiettivo dell’azienda e a questo intento collaborò l’indiscusso naso di Giacomo Tachis fino al 1992.

La Vallagarina è un territorio vocato ai rossi ma la necessità dell’azienda è anche quella di cercare dei terreni per sviluppare dei bianchi e li trova al limite con l’Alto Adige.

Nasce così il “Vette” nel 2012, un omaggio alla regione, non aggressivo, floreale. I vitigni coltivati a pergola trentina si trovano tra 350 e 450 mt sul livello del mare e il Sauvignon fermenta in acciaio per 5 mesi e rimane sui lieviti.

Il 2018 è luminoso, sembra quasi una base champagne dal colore crema. Fresco al naso, con una dolcezza floreale che si distacca dal solito aroma caratteristico del Sauvignon. La zagara fa da padrona:emerge dell’agrume ed un sentore erbaceo.

In bocca è coerente. Cremoso, fresco, ma rotondo. L’acidità viene bilanciata da una morbidezza non indifferente dettata dai suoi 13 gradi.

La nota minerale è più presente. Persistente e molto interessante.

Il secondo vino che degustiamo è il Riesling del 2016. Nasce dalla Val di Cembra e il primo anno di produzione è il 2013. 50% delle uve fa legno 12 mesi insieme ai lieviti, il resto in acciaio.

La coltivazione si trova a 700 m s.l.m e la produzione è di 2500 bottiglie.

Tutti sappiamo che il Riesling è estremo: o lo sai fare o non lo sai fare. E San Leonardo sa veramente il fatto suo.

Giallo paglierino carico: 3 anni gli fanno bene. Al naso il primo impatto è di pietra focaia fortissima, misto zolfo. Si sente il passaggio in legno ma in maniera delicata, non ostentato. Man mano che sta nel bicchiere emerge la frutta tropicale, l’agrume, delle note mielate.

In bocca risulta morbido, la componente dolce è più spiccata. Bella spalla data dai suoi 13 gradi che risultano ben bilanciati da una forte acidità. E’ un vino molto particolare: ogni elemento di durezza e di morbidezza è al suo posto.. mi sembra quasi cremoso.

Dopo questi due bianchi iniziamo la verticale di 4 annate: due annate calde e due fredde.

Ma prima facciamo un mini approfondimento sul taglio bordolese di questo “San Leonardo”, che insieme al Merlot, al Cabernet Sauvignon taglia il Carmenere anziché il Cabernet Franc. Bacca più grossa, rende meglio.

Il Marchese ci racconta che appena inizia a scendere il cappello si svina. Non si vuole estrarre troppo dalle bucce; poi va in cemento per la malolattica 8/10 mesi e poi passa in barrique.

Guardandolo nel bicchiere si evince in ogni annata una carica antocianica fortissima, un colore impenetrabile.

Il 2015, grande annata calda, è di un rubino carico, vivace. Consistente. Emergono le note caratteristiche del cabernet sauvignon: foglia di pomodoro ed erbaceo, speziatura del pepe nero. Insieme trovo una nota di liquirizia, frutto di bosco fresco e croccante, una nota mentolata leggera.

In bocca risulta fresco, caldo, abbastanza tannico. La nota erbacea si ripresenta anche qui ed è persistente. Un po’ giovane, ma di grandi prospettive.

Il 2010, annata buia e più fresca, dà vita ad un San Leonardo dal sentore erbaceo più elegante, con presenza di cacao, mirtillo e ribes maturo.

Si apre lentamente. Ha una raffinatezza da vino prodotto in zone fredde, si riconosce un sentore polveroso, del mentolato.

In bocca percepiamo un tannino leggermente più verticale appena più ruvido, ma non per questo meno elegante: secco, tannico, caldo. Fine. Persistente. Ha una certa freschezza e sapidità e risalta il sentore erbaceo.

Annata difficile ma recuperata da un settembre dalle condizioni climatiche perfette quella del 2005. E’ ben riconoscibile il sentore terziario: frutta sotto spirito, frutta cotta, cioccolato, liquirizia, note balsamiche ed un erbaceo ancora presente. La tostatura è leggera. Si riscontra un bouquet elegante, intenso pieno e variegato.

Alla vista è consistente, impenetrabile con vibrazioni granate.

In bocca è potente. Rotondo. Morbido. Un tannino perfetto.

Lasciarlo nel bicchiere sarebbe inammissibile.

Il 2000 arriva servito in decanter.

Il marchese lo paragona quasi al personaggio “Benjamin Button”: l’annata asciutta e poco piovosa non sembra dare al vino presupposti di longevità e gradevolezza… E’ entusiasmante invece!

Dal colore granato vivace. Sviluppa al naso dei terziari potenti. Sentori di caffè, una tostatura elegante. Tabacco, terriccio, liquirizia. Speziatura del chiodo di garofano e cardamomo.

Frutta cotta e appassita, marmellata di frutti rossi di bosco. Tiene sempre una certa croccantezza al naso. Una freschezza inaspettata.

In bocca è incredibile: affumicato, morbido. Rotondo. Sapido. Secco, caldo. Sembra che possieda tutte le caratteristiche della giovinezza, della maturità e della evoluzione. E’ persistente. La complessità e la pienezza che esprime è sorprendente.

Sembra davvero in grado di concludere, in maniera eccelsa, la storia e l’evoluzione di uno dei vini rappresentativi più antichi della Vallagarina.

E io nel frattempo? Direi che concludo terminando anche questo bicchiere, con la certezza che i chilometri del ritorno non saranno poi così pesanti… Viaggerò con il naso e il palato arricchiti da una degustazione di altissimo livello come questa.

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