Kuaska e la birra a Taormina Gourmet: la cronaca del secondo incontro.

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Lorenzo Dabove (a sx) con Fabio Simoni

Parte dalla Sardegna la seconda parte del viaggio condotto da Lorenzo Dabove su passato e futuro dei birrifici italiani. Un viaggio durante il quale la realtà italiana è riuscita di recente a ritagliarsi un proprio spazio di originalità, affidando a ingredienti come la carruba, le castagne e il mosto d’uva il compito di rendersi immediatamente riconoscibili nel panorama mondiale delle birre artigianali. Una intuizione colta dieci anni fa da due birrai cagliaritani, Nicola PerraIsidoro Mascia, fondatori del birrificio Barley e indiscussi maestri delle alchimie tra malti e mosti d’uva. Una maestria riassunta dal coro di importatori provenienti dagli Stati Uniti, dall’Australia, dall’Europa e, di recente, persino dall’Asia. Ormai note come Italian Grape Ale, riassunte nella “pericolosa” sigla IGA, subito ribattezzata da Dabove in FIGA (Finest Italian Grape Ale), giusto per palesare una volta per tutte il traballante umorismo sotteso, le birre a base di mosto d’uva hanno incassato in breve il riconoscimento del Beer Judge Certification Program. 

In degustazione una delle creazioni della coppia Perra – Mascia, la BB7, una IGA realizzata con mostro concentrato di varie uve aromatiche della Sardegna. Un mosto ottenuto da una innovativa tecnica basata sulla evaporazione sottovuoto a bassa temperatura. Di sentori agrumati e tropicali, si lascia bere con un gradevole finale amarognolo e un bel ricordo al palato delle uve impiegate.

Segue la Lombardia, col Birrificio Lariano. Figlia di uno dei generi più in voga al momento, la pilsen Grigna, a bassa fermentazione, sa di mela golden e fieno. Intermezzo british con la Wold Top Brewery di Gill e Tom Mellor, a Driffield, nello Yorkshire, giunti sino a Taormina per parlare della loro Bitter, uno stile tutto inglese dove l’amaro giocato dai luppoli si unisce felicemente alle note maltate di frutta secca, all’arancia e al ginger. Di stile americano, ma prodotta nel Lazio, è la Runner Ale del Birrificio Pontinouna american pale ale nata in quella che una volta era un deserto e che è oggi la regione italiana a più alta densità di birrifici: il Lazio. Chiude la sfilata la cremosa Whiskey Porter del birrificio Batzen, in Alto Adige. Una caffettosa porter maturata per mesi nelle botti usate di bourbon, per arricchirsi di sentori di vaniglia, liquirizia e legno.

Un lungo, bellissimo viaggio quello condotto da Kuaska, per confutare una verità tanto banale quanto errata: la birra non esiste; esistono le birre. E lui ci ha anche scritto un libro.

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Gherardo Fabretti

Appassionato di leggi e latinorum, in principio fu Giurisprudenza. Laureato, invece, in Lettere moderne, diventa presto redattore per riviste di letteratura e fumetti. Alcolismo vuole che il vino inizi a interessarsi a lui, fino al diploma AIS di sommelier e al master in Gestione e Comunicazione del Vino organizzato da ALMA. Vive a Milano, ma quando può fugge, perdendosi volentieri in varie parti del mondo, perché il viaggio, come diceva Costantinos Kavafis, è “fertile in avventure e in esperienze”. Crede che Venezia sia la porta della felicità e Parigi il rifugio degli ultimi romantici. Non ha problemi con gli aerei ma a New York preferirebbe arrivarci in nave. Mentre organizza una breve gita in Mongolia, cerca compagni per il viaggio.

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