L’Etna al centro per girare il mondo attraverso grandi vitigni e territori

Gli incontri a Primaterra sono ormai esperienze consolidate nel tempo, l’Etna è un punto fermo e le rassegne che si sono susseguite negli anni presso l’azienda sono frutto di una visione tridimensionale del mondo del vino di Camillo Privitera, che riesce a mettere insieme natura, arte e vino trovando sempre un filo conduttore; così è stato per il penultimo appuntamento di Etna Sapiens che si è tenuto domenica scorsa sotto l’accogliente e pungente castagno grazie ai ricci in pieno vigore.
Un viaggio attraverso il mondo del vino, in un momento in cui non è facile riuscire a varcare i confini. Allora diventa un privilegio immaginare di trovarsi nel territorio in cui un vino nasce ma anche ritrovare sorrisi e condividere un tavolo, rispettando paure e distanze.
E’ Gioele Micali, delegato AIS Taormina, che ci conduce in un percorso di degustazione attraversando l’Italia, con un salto in Francia. C’è spazio per sorseggiare il Primae Rose, il rosato dell’azienda da uve nerello mascalese e dal carattere etneo, che da il benvenuto ai numerosi ospiti presenti.
Si prosegue con una fresca bollicina di marca trevigiana dell’azienda storica Nino Franco; il prosecco Rustico è espressione di Valdobbiadene e delle uve glera che hanno contribuito a rendere il territorio del prosecco patrimonio dell’umanità. Un centenario di storia costituisce una garanzia di qualità per un vino di estrema piacevolezza che non stanca mai e che sprigiona sentori di frutta gialla dolce e dona al palato morbidezza e acidità equilibrate. Toni di ossequio e di silenzio annunciano uno chardonnay d’oltralpe dal terroir ricco di banchi di marne che si alternano a strati di calcare, situazione favorevole per la produzione di bianchi figli del gelo. Lo Chablis di Louis Jadot dell’annata 2016 nasce nell’omonimo distretto nella parte settentrionale della Borgogna, a metà strada tra Digione e Parigi. Dal punto di vista cromatico è vivace, brillante e riflette la luce, il naso è ritroso, timido, ma mostra una complessità olfattiva, con un richiamo fedele al territorio; coerente al gusto si presenta con una spiccata acidità, nevrite e una percezione tattile ritma il sorso; lo chardonnay di Chablis è un vino che affascina sempre, nella gioventù mostra il suo potenziale evolutivo e nel tempo il carattere. Non è facile annunciare il vino che segue perché l’impatto visivo è deciso; per chi non ha esperienza di Albana di Romagna rimane sorpreso nel momento in cui il vino viene versato nel calice: il colore dorato intenso, quasi ambra, che si muove sinuoso con un suo spessore liquido, nasce da una lunga macerazione e affinamento in anfore di terracotta Georgiana. L’avventore che si approccia al  Vitalba annata 2017 dell’azienda Tre Monti è affascinato dall’inizio alla fine nei tre passaggi della degustazione ma ciò che sorprende di più è la freschezza e l’acidità che persistono nel finale. La famiglia Navacchia produce questo vino tra le colline di Imola e Forlì e rappresenta un punto di riferimento per la produzione dell’albana, un vitigno ambizioso che si presta a diverse tipologie, secco, spumantizzato e dolce. Proseguendo il percorso di degustazione si viaggia verso il Molise, una regione che soffre di poca notorietà ma che vanta dal punto di vista vitivinicolo la presenza di produzioni storiche. Il Ramitello rosso Biferno doc 2014 dell’azienda Di Majo Norante  ha l’aspetto della rarità; l’azienda molisana  ha due secoli di storia e produce questo cru 50% sangiovese 50% Montepulciano a Campo Marino. La grandezza del vino italiano è rappresentata da vini che sono espressione di fedele risposta al territorio. Il Ramitello ha  peso e densità, una piacevole complessità olfattiva dal mirtillo alla mora di rovo, ma in più battute giunge ad una espressione terziaria di una tostatura finemente calibrata, è di grande piacevolezza e acidità; la forza di questo vino è data dall’aspetto morbido del Montepulciano ma anche l’equilibrio gustativo.
Nel cuore verde d’Italia nasce invece il Montefalco Sagrantino 2013 Rocca di Fabbri; siamo abituati ad associare sagrantino con tannino, ma anche in questo caso saremo smentiti dalla degustazione; un vino in chiave moderna dal rubino smagliante, una elegante complessità olfattiva nota di roverella, boschiva, terra bagnata, sottobosco, frutto concentrato in confettura, quasi in marmellata, pizzicori pungenti al naso con una nota quasi ferrosa; in bocca astringenza e morbidezza, convivono felicemente, il tannino è piacevole e il sapore lungo, una nota vegetale e speziata di pepe nero risaltano riportando il calice al naso dopo averlo degustato.
Al sesto assaggio ci si rilassa portando al calice un campione; non ha bisogno di presentazioni, infatti, il Brunello di Montalcino Caparzo 2013, il sangiovese si esprime con eleganza e trova la sua dimensione. L’azienda con un cinquantennio alle spalle rientra tra le cantine storiche di Montalcino che hanno dato valore al concetto di cru; il vino vira già al granato dal frutto rosso in confettura, il profilo olfattivo intriga nella sua complessità verticale di spezie dolci, tostature, toni erbacei e balsamici. Il tannino splendido, lineare, esile e fine si presta a deliziosi abbinamenti con le grandi preparazioni gastronomiche del territorio.
Dopo la Toscana si prosegue dritti verso nord per una immaginaria tappa in Valpolicella; tra i Monti Lessini e la Strada della valpolicella, epicentro produttivo della denominazione, nasce Cavolo Amarone 2012 dell’azienda agricola di San Fiorano Brigaldara; risaltano alla vista colorazioni molto più accese ed impenetrabili, volume liquido di una certa consistenza annunciano un naso che sprigiona una netta nota di amarena che prosegue poi con una complessa percezione silvestre, di cacao, cioccolato, chiodo di garofano; in un crescendo di sentori il sorso è avvolgente e il tannino ancora vivo e vellutato; emerge la struttura del vino con un finale lungo ed elegante.
Con l’ultimo sorso si torna a casa, nel rifugio sicuro del sole marsalese, tra le contrade Birgi e Spagnola dove si coltivano le uve grillo dalle quali nasce il Terre Arse 2012 della storica cantina Florio un’icona del marsala e della storia garibaldina siciliana. Il nome nasce dalle terre arse e bruciate dal sole, dove il sole picchia e il mare mitiga dando vita a uve grillo idonee per il Marsala con l’aggiunta di acqua vitae e l’affinamento in botte di rovere. I sentori di miele bruciato, caramello si aggiungono ad una nota resinosa, la mela cotta, la cannella speziata e altri sentori che esplodono al calice. La degustazione del marsala conclude un percorso esperienziale di conoscenza attraverso il mondo del vino.

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Flavia Catalano

Nata in quella che fu anche la città di Eschilo, vive a Catania da più di dieci anni. Laureata in giurisprudenza, perché nella Giustizia crede fermamente, completa il suo percorso formativo diventando Avvocato e Specialista in professioni legali. Oggi è un temutissimo liquidatore assicurativo. Donna volitiva, testarda e determinata affina le sue innate doti manageriali frequentando un master in gestione e sviluppo delle risorse umane. Le scommesse che ama vincere sono quelle con sé stessa. Considera gli ostacoli un’opportunità; dal corso di vela ha imparato che anche controvento “virando” e “strambando” prima o poi al porto si arriva. Ama esercitare le sue corde vocali guardando le partite della “Signora”. È un’appassionata collezionista di scarpe e borse. Non ha mai giocato con le bambole, e le principesse non rientrano tra le sue muse ispiratrici. Specialista in problem-solving, ritiene che il modo più veloce ed efficace per trovare una soluzione sia osservare il problema dalle isole caraibiche. Folgorata dall’incontro con Bacco, oggi il suo sangue ha un’alta gradazione alcolica. Sommelier e degustatrice ufficiale AIS, collabora con EnoNews dal 2013

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