Storia del vino 5

Image1-1Ahimè, o uomo di Dio! Il vino è svanito dai nostri otri e l’amara birra ci infuria nel ventre! E poiché  noi non ne abbiamo, bevine tu per noi e passa una giornata gioiosa. 
A scrivere è Alcuino di York, consigliere di Carlomagno, tornato per due anni nell’inglese patria, dove, a leggere le righe inviate ad un amico, di vino se ne trovava ben poco rispetto alla corte dei Franchi.
Carlo, demiurgo del rinnovato Sacro Romano Impero, incoronato imperatore da Leone III nell’800, il vino, invece, sembrava amarlo molto. Nonostante fosse stata Roma la sede della consacrazione, fu Acquisgrana (Aachen), in Germania, la nuova sede del sovrano: uno spostamento da meridione a settentrione capace di orientare, tra le altre cose, anche la fortuna di luoghi in cui i vigneti, sino ad allora, non erano mai comparsi.
È il caso del Johannisberg, futura patria di grandi Riesling, dove Carlo – racconta un aneddoto –  decise di far vigneto perché colpito dall’anticipo con cui la neve si ritirava rispetto ad altre zone del paese. Così anche in Borgogna, dove storia vuole la verde collina di Corton frutto di una donazione dell’imperatore all’abbazia di Saulieu, e dove  leggenda giustifica il bianco delle sue uve rispetto al rosseggiare del resto del territorio: niente vino rosso per Carlo, infastidio dall’eventualità di vedersi macchiata la candida barba.
Severo legislatore, fu l’imperatore a imporre il divieto di pigiatura coi piedi e dello stoccaggio del vino in otri di pelle, concedendo ai viticoltori il privilegio della vendita al dettaglio, segnalata (ancora oggi a Vienna) da una frasca appesa alla porta di casa.
L’arrivo di Carlo stravolge antichi equilibri, adombrando ciò che restava dell’antico Impero Romano e arricchendo i territori dell’Europa settentrionale, sempre più assetati: Irlanda e Inghilterra in primis, per tacere di Belgio e Impero. Infestate dai pirati le coste di Bordeaux, e stravolte già da tempo le antiche strade commerciali della Borgogna e del Rodano, nuove tratte e nuovi porti nascono: è dal canale della Manica e dal mare del Nord a provenire adesso il vino, spedito dai porti di Rouen e Quentowich e ricevuto a York, Boston, Lynn e nello Steelyard londinese.
Poco, sempre troppo poco, però, per l’enorme sete dei nuovi clienti: nel IX secolo una furiosa corsa al vigneto si scatena in tutta Europa, e piccoli tralci punteggiano i più improbabili territori, spesso troppo freddi e inadatti alle esigenze delle piante. Nasce una nuova forma di contratto agricolo, basato sull’accordo tra il proprietario del terreno e quello delle barbatelle, col primo a beneficiare, dopo cinque anni dall’impianto, a ricevere da uno a due terzi della produzione di vino.
I monasteri, spesso proprietari dei terreni, ebbero un ruolo fondamentale nella diffusione e nella tutela dei vigneti, arrivando a concedere, ai lavoratori delle vigne, uguali diritti e cittadinanza libera, al pari degli abitanti delle città. Per la vigente legge salica, il prestigio del viticoltore, allora, era tale, da prevedere, nel caso di sua morte accidentale, un risarcimento doppio rispetto a quello di un mandriano o un agricoltore.

Una enorme bolla economica si allargava allora lungo l’Europa, soffiata dalle speculazioni azzardate di proprietari in cerca di facili guadagni, di mercanti disposti a vendere ogni goccio possibile e di lavoratori in cerca di migliore sorte. Vigneti destinati a breve vita sorgono in Bretagna, Piccardia e Normandia, come in Bassa Sassonia, Pomerania e Turingia; altri, assai più fortunati, rimarranno fino ad oggi a illuminare le giornate dei fortunati commensali: Franconia, Mosella e Rheingau; Champagne e Alsazia.
Secoli dopo, l’arrivo della guerra dei Trent’anni, frenerà, una volta per tutte, la furiosa corsa al vino facile. Intanto, abili mani in tonaca, iniziavano ad assicurare fama e lunga vita alla propria regione: la Borgogna.

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Gherardo Fabretti

Appassionato di leggi e latinorum, in principio fu Giurisprudenza. Laureato, invece, in Lettere moderne, diventa presto redattore per riviste di letteratura e fumetti. Alcolismo vuole che il vino inizi a interessarsi a lui, fino al diploma AIS di sommelier e al master in Gestione e Comunicazione del Vino organizzato da ALMA. Vive a Milano, ma quando può fugge, perdendosi volentieri in varie parti del mondo, perché il viaggio, come diceva Costantinos Kavafis, è “fertile in avventure e in esperienze”. Crede che Venezia sia la porta della felicità e Parigi il rifugio degli ultimi romantici. Non ha problemi con gli aerei ma a New York preferirebbe arrivarci in nave. Mentre organizza una breve gita in Mongolia, cerca compagni per il viaggio.

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