La Pasqua ortodossa in Sicilia fra tradizioni antiche e nuove comunità

Si sa che il multiculturalismo in Sicilia non è cosa nuova, ma non molti sanno che in provincia di Palermo esiste una comunità di origine albanese.

L’origine della comunità “Arbereshe” risale al XV secolo, quando Greci e Albanesi si rifugiarono in Sicilia per sfuggire alla furia degli Ottomani.

Nonostante il passare dei secoli, queste comunità hanno mantenuto le loro tradizioni, la loro lingua (il dialetto è puro albanese) ed anche la loro religione, ormai diventata cattolica, mantiene comunque il rito bizantino-ortodosso.

Le comunità Arbereshe si trovano in provincia di Palermo; Piana degli Albanesi ne è il centro nevralgico e sede dell’Eparchia, sede della Chiesa Cattolica italo-albanese di rito orientale; ma ci sono anche altri Comuni dove la presenza degli Arbereshe è forte, come Mezzojuso, Contessa Entellina, Palazzo Adriano e Santa Cristina Gela.

Come per le comunità ortodosse orientali, anche per gli Arbereshe siciliani la Pasqua è la festa religiosa più importante dell’anno, simbolo di Resurrezione e speranza.

Anche dal punto vista della tradizione culinaria, l’influenza ortodossa è molto forte.

Tipiche e tradizionali della cultura bizantina sono le “Uova Rosse”. L’uovo è il simbolo prediletto della Pasqua: simbolo di vita, purezza e fertilità. Ma il significato dell’uovo non è legato solo alle tradizioni cristiane. In passato veniva considerato il simbolo dell’unione tra terra e cielo, simbolo di rinascita, simbolo della primavera, periodo in cui la terra fiorisce dopo un lungo inverno e ridiventa fertile.

Le uova vengono bollite con acqua, un colorante rosso (una volta si usavano cipolla rossa o barbabietola) ed aceto per fissare il colore; finita la cottura, vengono lucidate con un batuffolo di cotone imbevuto di olio di oliva. Queste uova possono rappresentare sia il sangue di Cristo ed essere simbolo della passione, sia la Resurrezione e quindi essere simbolo di rinascita e ciclicità della vita. Un’altra leggenda narra però che quando Maria Maddalena andò dai discepoli per annunciare loro la Resurrezione di Cristo, questi non credettero alle sue parole. Si narra che Pietro le disse: “Crederò a quello che dici solo se le uova contenute in quel cestello diverranno rosse” e miracolosamente le uova che Maria Maddalena portava nel suo cestino diventarono rosse. Spesso le uova rosse vengono distribuite direttamente in Chiesa dopo esser state benedette.

Altro dolce tipico della Settimana Santa è il “Panaret” (Pani di Pasqua). E’ un dolce a forma di cesto con un manico di pastafrolla decorato con fiori e riempito con le tipiche uova rosse. Anticamente questo cesto veniva portato in Chiesa per essere benedetto e poi donato ai bambini che con ansia aspettavano di poterlo mangiare a mezzogiorno del Sabato Santo.

Ritroviamo le uova anche in un’altra preparazione tipica del periodo pasquale ortodosso, che però è ormai, con nomi e forme diverse, diffuso in tutta la Sicilia, gli arbereshe li chiamano “Pupi cu l’ova”.

Sono dei dolci di pasta frolla di forme diverse che contengono, internamente o esternamente, un uovo sodo dipinto. I dolci vengono ricoperti da una dolce glassa e decorati con zuccherini colorati. Questi biscotti speciali sono anche il simbolo di una Sicilia più povera e rurale che non conosce gli sfarzi gattopardeschi della sontuosa cassata.

La tradizione vuole che i pupi venissero regalati anch’essi ai bimbi al posto del più moderno uovo di cioccolato ancora sconosciuto.

Dolci a parte, le tradizioni Arbereshe di Sicilia sono un patrimonio da salvaguardare. Queste comunità rappresentano un pezzetto di Oriente perfettamente integrato in pieno Occidente. In special modo i riti pasquali sono un patrimonio di tutti ed anche le autorità stanno iniziando a valorizzare questi eventi, infatti nel calendario delle manifestazioni religiose la Grande Settimana Santa a Mezzojuso è stata inserita dalla Regione Siciliana fra i grandi eventi regionali.

 

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Francesca Scoglio

Nata a Messina, il primo incontro con Bacco risale al liceo quando rimase colpita dalla visione delle Baccanti al teatro antico di Siracusa e dalle continue letture di scrittori e poeti classici che elogiavano il vino come “nettare degli dei”. Dopo una laurea in Scienze Politiche conseguita a Palermo, finalmente arriva a Catania. Responsabile d’ufficio ed HACCP nell’azienda per cui lavora, la voglia di imparare la porta a cercare strade alternative. Una discussione apparentemente casuale con una collega le fa conoscere l’Ais ed i suoi corsi e da lì la curiosità la spinge ad intraprendere questo percorso. La curiosità diventa passione, la passione diventa Diploma da Sommelier Ais nel 2015. Lo studio continua e la porta al conseguimento dell’attestato di degustatore ufficiale Ais nel 2016. Il suo motto è “Non si finisce mai di imparare” e da qui la voglia continua di studiare, aggiornarsi, viaggiare e conoscere le svariate realtà che il mondo del vino offre.

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